Per il Csm, il pm Nino Di Matteo "Nulla di nuovo ebbe a rivelare " nell'intervista rilasciata a La Repubblica nel giugno 2012, che gli costò l'avviio di un' indagine disciplinare. Il Pg Gianfranco Ciani chiese infatti di verificare se il giudice avesse violato il "principio della riservatezza delle indagini", per avere implicitamente ammesso l'esistenza di telefonate tra l'ex ministro dell'interno Nicola Mancino e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intercettate nell'ambito dell'indagine sulla trattativa Stato-mafia (Mancino è attualmente imputato nel processo sulla Trattativa e sarà ascoltato nell'ambito del processo dulla strage di via D'Amnelio, il Borsellino quater, ndr).
Il magistrato di Palermo è stato assolto dalla sezione disciplinare del Csm, che ha disposto il non luogo a procedere nei suoi confronti del magistrato, come aveva sollecitato anche il procuratore generale della Cassazione lo scorso dicembre al termine dell'indagine. Prosciolto anche il capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo, che era finito sotto inchiesta disciplinare per non aver segnalato ai titolari dell'azione disciplinare la condotta di Di Matteo.
Come avevamo scritto più di un anno e mezzo fa, a "mettere in piazza" per primi la vicenda Mancino-Quirinale sono stati il settimanale Panorama e l'articolo del Il Fatto con l'intervista a consigliere giuridico del presidente della Repubblica, Loris D'Ambrosio (morto pochi giorni fa, ndr), in seguito ci saranno le domande de La Repubblica rivolte al giudice Di Matteo e la conseguente apertura dell'indagine disciplinare. In merito, il capo della Dda Francesco Messineo ha risposto, inviando i chiarimenti richiesti al Pg della Cassazione, che "Gli argomenti di cui il sostituto procuratore ha parlato in un'intervista, non erano coperti da segreto e dunque non c'erano gli estremi dell'illecito".
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