Era il giugno del 2012 quando il pm Nino Di Matteo alla richiesta della giornalista de La Repubblica di una conferma se ci fossero tra le intercettazioni anche conversazioni telefoniche tra l'ex ministro Mancino e Napolitano, rispose: "Negli atti depositati non c'è traccia di conversazioni con il capo dello Stato e questo significa che non sono minimamente rilevanti".
Per questo il Pg Gianfranco Ciani aveva chiesto di verificare se il giudice avesse violato il "principio della riservatezza delle indagini" e se al contempo il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo lo avesse o meno autorizzato a rilasciare interviste a La Repubblica.
Come avevamo scritto un anno e mezzo fa, a "mettere in piazza" per primi la vicenda Mancino-Quirinale sono stati il settimanale Panorama e l'articolo del Il Fatto con l'intervista a consigliere giuridico del presidente della Repubblica, Loris D'Ambrosio (morto pochi giorni fa, ndr), in seguito ci saranno le domande de La Repubblica rivolte al giudice Di Matteo e la conseguente apertura dell'indagine disciplinare. In merito, il capo della Dda Francesco Messineo ha risposto, inviando i chiarimenti richiesti al Pg della Cassazione, che "Gli argomenti di cui il sostituto procuratore ha parlato in un'intervista, non erano coperti da segreto e dunque non c'erano gli estremi dell'illecito".
Adesso il procuratore generale della Cassazione, Ciani, al termine dell'indagine disciplinare ha chiesto l'archiviazione e la richiesta dovrà passare dalla sezione disciplinare del Csm. Richiesta di proscioglimento è stata avanzata anche per il capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo.
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