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Sostegno ai magistrati. Unire per proteggerli

Foto Angelo Trapanidi Marta Genova Divide et impera. La storia ce lo ha insegnato. E seppur la citazione latina sia riferita alla dominazione di un popolo, il concetto vale per tutto. La storia ci ha insegnato che divisi siamo più deboli, che la divisione porta alla solitudine, che chi rimane solo, viene ucciso. Moralmente prima, fisicamente, se necessario, poi.

Necessario per chi vuole che certi uomini e donne tacciano. Per chi non vuole che la Verità esca definitivamente fuori. Per chi teme che, nonostante siano passati anni dalle stragi e dalle trattative e che tanti protagonisti siano passati a peggior vita, venga alla luce quella Verità che non coinvolge soltanto quegli "imputati" ancora vivi, ma un'ombra ben più grande. 

E se del passato dobbiamo fare tesoro, seppur nella sua drammaticità, allora è il momento di unire per proteggerli.

Di seguito riportiamo una lettera aperta scritta da Luigi Furitano, presidente del Centro Studi Paolo Giaccone e consulente della Procura di Caltanissetta. Una lettera scritta alla vigilia della manifestazione svoltasi lo scorso 20 dicembre, a Palermo e in tante altre città Italiane, "PER I MAGISTRATI DEL POOL TRATTATIVA" o "PER IL PM NINO DI MATTEO".

Le parole hanno un peso. L'opinione pubblica ha un peso. E allora riteniamo opportuno invitare la società civile che si è fatta e si fa promotrice di queste doverose manifestazioni di solidarietà, ad "aggiustare il tiro", iniziando ad utilizzare un nuovo linguaggio, teso ad unire e non a fare differenze e lo facciamo proprio convinti della buona fede e delle buone intenzioni di quanti manifestano il loro sostegno ai pm; quanto meno della maggior parte di loro.

Si continua a manifestare, giustamente, per i pm di Palermo, per i pm che si occupano della Trattativa Stato Mafia, delle misure di protezione per i magistrati palermitani, dimenticandosi però che la lotta alla mafia ha un solo fronte e che ci sono pm a Caltanissetta, come a Trapani e in tante altre procure, che rischiano tanto quanto i magistrati palermitani,  proprio per la delicatezza delle indagini che portano avanti.

A Caltanissetta si sta celebrando il Borsellino Quater, ovvero il processo sulla strage di via D'Amelio, che ultimamente ha visto come testi il pm Anna Maria Palma e i poliziotti Mario Bò e Vincenzo Ricciardi, che hanno fatto parte del pool che coordinò le indagini proprio sulla strage di via D'Amelio, e che hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Ci sono pm che indagano sulla mafia Trapanese, quella definita da Falcone e Borsellino, la mafia economica, non quella delle lupare ma quella che entra nei salotti; quella definita più recentamente dall'ex capo della squadra mobile di Trapani Giuseppe Linares "Sistemica, non si chiede il pizzo ai commercianti, si chiede un 'contributo' o si chiede di essere inseriti nella produzione. È un sistema mutualistico che segue una rigida ortodossia dei comportamenti".

E dunque,  chi manifesta per una parte dei magistrati, o non si informa per come dovrebbe (e non va bene) o lo fa in assoluta buona fede non rendendosi conto però che così rischia di isolare i pm delle altre Procure.

Poi ci sono i due "casi": quelli a cui non interessano né i pm di Palermo, né quelli di Trapani o Caltanissetta e per cui l'antimafia, la lotta alla mafia, è solo d'occasione, solo un 'occasione e quelli che invece sanno perfettamente come stanno le cose e che isolare un magistrato o una procura accendendo i riflettori su una piuttosto che su un'altra, può tornare molto, molto utile.

Compito nostro, della società civile, è dunque fare cerchio attorno a tutti i pm.
In questo modo ciò che c'è di marcio potrà venire fuori, persone e fatti. E sarà quasi una selezione naturale.

Chiudo questo breve incipit, rivolgendomi a quanti sovente danno interpretazioni assolutamente personali su quanto viene scritto e purtroppo, fin troppo spesso, con l' intento di mettersi in mostra non curandosi di creare polemiche assolutamente inutili e dannose o, peggio ancora, con il solo intento mistificatore.
Il senso delle parole scritte e di quelle che seguiranno è chiaro: sostegno massimo e indiscusso al pm Nino Di Matteo e stesso massimo sostegno a tutti i magistrati, qualunque sia la Procura per cui svolgono questo faticoso lavoro per la ricerca della Verità e per la Giustizia. Perché l'unione fa la forza e in questo modo riusciremo a sostenerli ancora di più. Più il sostegno sarà "unico", più sarà la protezione che potremo dare nel nostro piccolo.

LA LETTERA 

Società Civile, siamo tutti Di Matteo, ma anche gli altri.

Sarebbe triste se qualcuno la pensasse diversamente ma ritengo doveroso, per chi avra' la pazienza di leggermi, estendere il mio sentimento ai tanti Magistrati ( E SONO DAVVERO TANTI) che con dignitosa pazienza e nella indiscutibile professionalità subiscono tanto quanto accade purtroppo attorno a Nino Di Matteo.

Per averne avuto l'enorme privilegio, ho conosciuto il Dr. Di Matteo, ritengo che la preoccupazione per questa ossessiva e persecutoria minaccia nei suoi riguardi lo stesso PM avrebbe voluto gestirla diversamente, senza troppa propaganda, nella discrezione che ne contraddistingue la sua persona e la sua professionalità.
E' pacifico che di fronte una mobilitazione nazional- popolare e di queste dimensioni nessuno di noi possa voler lasciare solo Nino e certamente io non intendo farlo.

Ma ritengo che le legittime e inderogabili attenzioni da parte di tutti noi, "società civile", debbano essere estese anche ai suoi colleghi, tutti i suoi colleghi, nessuno escluso.
I colleghi dello stesso palazzo, i colleghi dello stesso piano, i colleghi degli uffici della Procura, molti dei quali sono fisicamente stipati agli ammezzati.
Non ho modo di frequentare la Procura di Palermo per motivi professionali, lì vado forse per ritrovare idealmente chi mi è stato caro, tanto quanto lo sono oggi loro per me.

Quando vado al Palazzo il mio è un percorso rituale. La prima stanza è quella di Leonardo Agueci, subito dopo ma non per preferenze di altro genere, è quella di Vittorio Teresi. La stanza di Vittorio è stata la stanza di Paolo Borsellino ed in quella stanza trovo ancora il suo sorriso, i suoi occhiali per la presbiopia poggiati sulla scrivania, le tante sigarette accese contemporaneamente.
Esco velocemente dalla stanza di Vittorio, devo lasciarlo lavorare, e mi dirigo verso la stanza della Dottoressa Teresa Principato, giusto il tempo di ricevere un suo sorriso e lasciare in pace pure lei. Anche Teresa Principato nell'intimità dei pensieri familiari mi ricorda tantissimo Paolo, mi ricorda tantissimo Agnese.
Verso la fine del " tour " ma per motivi di casuale consequenzialità busso alla porta di Nino Di Matteo.

Quando sono fortunato e riesco ad entrare a volte trovo pure Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.
Io , " parte infinitamente piccola di questa società civile" vado da loro, cerco di dare loro il mio probabile inutile sostegno ma lo faccio perché lo sento.
Con dispiacere, mi accorgo che vi sono luoghi e sono gli stessi ove personalmente applico la mia eventuale e piccolissima utilità verso la Giustizia, dove ne l'opinione pubblica ne tantomeno questa tanto ricercata "società civile " è presente.

Ma siamo davvero cosi' convinti che Sergio Lari, Nico Gozzo, Lia Sava, Stefano Luciani e i tanti altri di Caltanissetta e a Trapani i Giudici Marcello Viola, Ambrogio Cartosio, Andrea Tarondo e gli altri della stessa Procura, vivano situazioni di serenità tanto differenti rispetto ad altri colleghi ? Le minacce a loro rivolte sono diverse dalle altre ? Una minaccia è una minaccia e qualunque sia stata la modalità nel manifestarla è un fatto gravissimo . Non esiste una minaccia meno grave di un'altra. Ma allora questa solidarietà è limitata a cosa, a chi e secondo quale parametro di applicazione ?

Concludo semplicemente dicendovi cio' che penso davvero. Il ricordo di Paolo Borsellino ha generato in me questa considerazione. Paolo da vivo è stato certamente alla Procura di Palermo, cosi' come è stato certamente vicino alla Procura di Trapani. Paolo Borsellino anche da morto è spessissimo, vicino e presente alla Procura di Caltanissetta. Ma io verso i Giudici tutti dei nostri uffici giudiziari non vedo manifestare la stessa solidarietà , questo non è giusto. Ritengo di potermi permettere di dire che a Paolo questo non sarebbe piaciuto.

Luigi Furitano

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