La Festa del Lavoro l'ha passata in Sicilia perché oggi ricorre il 66esimo anniversario della *strage di Portella della Ginestra. Il presidente della Camera Laura Boldrini, palermitana d'adozione, stamattina a Palazzo delle Aquile, ha reso omaggio a Piersanti Mattarella nel giorno in cui è stata scoperta la lapide in sua memoria. "Sono felice di essere qui – ha detto – in un giorno in cui si ricorda il presidente della Regione Mattarella, ucciso dalla mafia 33 anni fa. Lui diceva che nella classe dirigente e non solo politica dunque, vanno isolati quei comportamenti che possano creare le condizioni per favorire la mafia. I magistrati ci ricordano ancora oggi che bisogna farlo, che vanno eliminati quei comportamenti. Se tutti quelli che dicono di fare antimafia, si muovessero per creare condizioni di isolamento per gli atteggiamenti che alimentano le condizioni per favorire il malaffare, forse saremmo già a buon punto".
"Ecco, Mattarella diceva che voleva una regione con le carte in regola, io vorrei che la Presidenza della camera fosse la Casa della buona politica che è un po' la stessa cosa. Lui fece un'autentica dichiarazione di guerra al malaffare, una guerra che andava intrecciata con un rinnovamento sociale. Sviluppo e crescita diceva e noi siamo costretti a dirlo ancora perché nulla è cambiato. E perché è quello che ci viene richiesto anche dai paesi delle sponde del Mediterraneo. Pane, sviluppo e democrazia, ecco cosa serve.
Il presidente Boldrini la mattina è stata a Portella della Ginestra ed è lì che ha detto che "Bisogna togliere ogni velo e ogni segreto sulla lunga catena di stragi che ha insanguinato la vita della Repubblica. In un Paese democratico non è accettabile che ci siano ancora troppe ombre e troppi silenzi su stragi come quelli di Portella della Ginestra". "Senza un pieno accertamento della verità non è possibile riconoscersi in un terreno di valori e di memoria condivisa".
*Piana degli Albanesi 1 maggio 1947
La vecchia credeva che fossero mortaretti e cominciò a battere le mani festosa. Rideva. Per una frazione di secondo continuò a ridere, allegra, dentro di sé, ma il suo sorriso si era già rattrappito in un ghigno di terrore. Un mulo cadde con il ventre all'aria. A una bambina, all' improvviso, la piccola mascella si arrossò di sangue. La polvere si levava a spruzzi come se il vento avesse preso a danzare. C'era gente che cadeva, in silenzio, e non si alzava più. Altri scappavano urlando, come impazziti. E scappavano, in preda al terrore, i cavalli, travolgendo uomini, donne, bambini. Poi si udì qualcosa che fischiava contro i massi. Qualcosa che strideva e fischiava. E ancora quel rumore di mortaretti. Un bambino cadde colpito alla spalla. Una donna, con il petto squarciato, era finita esanime sulla carcassa della sua cavalla sventrata. Il corpo di un uomo, dalla testa maciullata cadde al suolo con il rumore di un sacco pieno di stracci. E poi quell'odore di polvere da sparo.
La carneficina durò in tutto un paio di minuti. Alla fine la mitragliatrice tacque e un silenzio carico di paura piombò sulla piccola vallata. In lontananza il fiume Jato riprese a far udire il suo suono liquido e leggero. E le due alture gialle di ginestre, la Pizzuta e la Cumeta, apparvero tra la polvere come angeli custodi silenti e smarriti.
Era il 1° maggio 1947 e a Portella della Ginestra si era appena compiuta la prima strage dell'Italia repubblicana".