La prima testimonianza è stata quella di Cecilia Fiore, nipote del giudice Paolo Borsellino, che viveva in casa con la nonna in via D'Amelio. Ha ricordato la presenza di alcuni fusti con all'interno materiale di risulta edile. Erano due ed erano posti di fronte al palazzo, sulla sinistra, in un punto che si potrebbe collocare all'altezza del punto in cui poi venne trovato il cratere dell'esplosione.
C'era un furgoncino bianco della ditta di telefonia sialtel parcheggiato su via D'Amelio e fu notato alcuni giorni prima della strage. (Anche in via Cilea, abitazione di Borsellino, era stato notato un furgoncino bianco, ma con una scritta logorata della Sip. A dichiararlo è stato Antonio Vullo, ndr)
"Al civico 19, abitava la signora Vitale – racconta Cecilia – svolgeva attività di estetista in casa e la conoscevo perché andavo come cliente. I figli quando eravamo bambini, spesso giocavano con noi nel cortile. Il marito, Salvatore, non lo vedevamo spesso. Seppi in seguito dai giornali dei problemi giudiziari di Vitale. Dalla sua abitazione si vedeva benissimo via D'Amelio e quindi era possibile vedere chi entrava o meno nello stabile".
Poi il racconto di quel giorno: "Noi eravamo in campagna quel giorno e un parente ci comunicò quello che era successo dopo avere sentito la notizia al telegiornale. Erano le 17,30 circa. Siamo scesi subito a Palermo. Arrivata lì non sono voluta entrare nella strada e non so se in casa dei Vitale ci fosse qualcuno. L'ultima volta che vidi lo zio, fu il pomeriggio del 18 luglio. Lo incontrai sotto casa, io ero con il mio fidanzato di allora e scherzò con noi sul fatto che il mio ragazzo avesse una macchina vecchia. Era sempre scherzoso con tutti noi e così fu pure quel giorno".
Poi le domande si sono spostate sul riconoscimento fatto da Cecilia Fiore nei giorni seguenti a seguito di quanto da lei dichiarato sulla presenza di un uomo sul pianerottolo giorni prima della strage. Uomo indicato dalla teste come Pietro Scotto , fratello del boss Gaetano Scotto "La forma di riconoscimento utilizzata fu una ricognizione sia fotografica che visiva – racconta – Dietro il vetro c'erano più persone. Io indicai Scotto, scoprii dopo il suo nome.
Deposizione di Marta Fiore. "Conoscevo la famiglia Vitale ed ero stata nel loro appartamento perché la signora era la mia estetista. Seppi chi era Vitale dalla televisione, credo dopo la strage. Da casa loro si vedeva benissimo la strada, via D'Amelio. Dalla loro portafinestra si vedeva perfettamente l'arrivo delle auto". La teste poi racconta l'ultimo giorno in cui vide il giudice Borsellino: "Zio Paolo venne quel giorno, il 19 luglio, perché la nonna non era stata molto bene e sarebbe dovuto venire anche il cardiologo. Lo vidi il 18 luglio per l'ultima volta, era venuto a casa per trovare la nonna e forse fu deciso lì, che il giorno dopo sarebbe venuto il cardiologo. Ricordo che i miei genitori chiamarono e parlarono con lo zio".
Poi è la volta dei due ispettori della polizia di Stato, Stefano Romano e Michele Mininni (servizio polizia scientifica, ndr) che hanno mostrato la relazione fatta a seguito dell'incarico di consulenza tecnica conferito dalla procura di Caltanissetta su vari temi. Hanno analizzato 7 dvd molti dei quali contenenti materiale dei tg di quei giorni. Dvd con all'interno varie sequenze.
Il primo tema affrontato è stato quello del :il blocco motore della fiat 126, questione controversa era a presenza o meno del blocco motore dentro il quale era stato inserito l'esplosivo e dunque non fosse stato lasciato in via D'Amelio i giorni seguenti.
Sono stati confrontati due motori fiat. L'originale e uno fornito per il confronto giudiziario. Dopo varie comparazioni sulla luminosità di quel giorno e accertato che le foto e i video analizzati, sono compatibili con la data del giorno della strage, foto in cui si vede il blocco motor, sull'asfalto, tra due auto, è stato anche analizzato il blocco motore per verificare che fosse compatibile con quello di una fiat 126.
Una foto del blocco motore usato per il confronto, ha consentito di rilevare elementi di elevata compatibilità con quello trovato in via D'Amelio. Gli ispettori della scientifica sono riusciti a tracciare una linea di deformazione. Deformazione tipica della coppa dell'olio e sovrapporre poi la deformazione grafica rilevata da una clip registrata in via D'Amelio su quella del blocco motore sequestrato a Sassetta per esperimento giudiziario. Questo ha portato a dedurre quindi che quello fosse il motore sequestrato in via d'Amelio.
Ma nei video mostrati in aula ritorna anche la figura del capitano Arcangioli, scorrono sotto gli occhi attenti di tutti, le immagini che lo ritraggono con la valigetta del giudice Borsellino in mano. Quella valigetta che verrà prelevata dalla Croma, per poi riapparire in un secondo momento e che sarà repertata dall'allora capo della Mobile Arnaldo La Barbera e consegnata agli uffici giudiziari prima di essere restituita alla moglie del giudice, Agnese.
Quella valigetta che secondo le prime dichiarazioni fu consegnata al giudice Ayala che a sua volta dirà di averla invece presa lui e di averla poi consegnata proprio ad Arcangioli perchè la portasse ad un magistrato.
In mezzo, c'è l'appuntato dei carabinieri Rosario Farinella, che dichiarerà di averla presa lui su richiesta di Ayala il quale chiamò un uomo in abiti civili che si trovava poco distante e glielo indico come l'uomo a cui avrebbe dovuto consegnare la borsa in quanto era un ufficiale o funzionario di polizia.
Immagini che fanno riemergere quei dubbi mai risolti, come quello sul perché Arcangioli non fece mai la relazione sul ritrovamento di quella borsa a suoi dire "non rilevante, non avendo rinvenuto niente di importante al suo interno". Ma se la borsa non l'aveva controllata, come lui spesso aveva dichiarato, come poteva sapere se ci fosse qualcosa di importante al suo interno o meno?
Immagini note ai più che continuano a lasciare inquietudine, immagini in cui Arcangioli con il suo distintivo e il suo giubbotto azzurro, si allontana dal luogo della strage con quella borsa in mano.
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