Rosario Pio Cattafi non riconosce il generale Mori. Depone in aula per più di 5 ore, ma mai fa riferimento all'uomo che ha seduto davanti, l'ex capo del Ros il Generale Mario Mori. Eppure racconta di incontri avvenuti alla presenza di "colonnelli" e alti ufficiali del Ros, avuti in più occasioni. Racconta dell'incontro avuto con l'allora magistrato di Milano Francesco Di Maggio, in un pomeriggio tra il 20 e il 10 giugno del '93, al bar Dodis di Messina.
Di Maggio e Cattafi si conobbero in Svizzera in occasione dell' arresto con l'accusa di essere il cassiere di Cosa Nostra, storia che si concluse con l'archiviazione. Da lì pare comunque che non sia siano mai persi di vista. Nell'87 fu lui a contattarlo in occasione di una denuncia per truffa che voleva presentare nei confronti di un ex socio e ancora nell'89 o '90 dice "Di maggio mandò un carabiniere a casa mia a Milano, per dirmi che mi attendeva alla caserma di via Moscona. Andai all'appuntamento e mi disse che era stato nominato vice dell'alto commissariato antimafia e che se avessi avuto notizie o fossi venuto a conoscenza di qualcosa legato al riciclaggio l'avrei potuto contattare. Poi nel'93 ecco l'incontro al bar Dodis . Fu lì che Di maggio mi parlò dell'idea della dissociazione, ovvero del "pentimento" e del prendere le distanze dai fatti di mafia.
L'Incontro fu rganizzato a Messina da Di Maggio appositamente per parlare con Cattafi. Cosa chiede a Cattafi? Di contattare l'avvocato di Salvatore Cuscunà, detto Turi Buatta e attraverso lui contattare Nitto Santapaola comunicandogli la volontà di portare avanti una "trattativa", usa questa parole Cattafi. Una tratattiva che prevedeva lo stop delle stragi in cambio di benefici e alleggerimento del carcere duro. "Mi disse – dice Cattafia – che dovevo contattare Sanptapaola perchè era considerato il più malleabile, meno sanguinario. E Cusacunà dovevo chiamarlo io perchè se l'avesse fatto lui, si sarebbe sicuramente chiuso a Riccio. Mi disse che dovevo dirgli che avrebbero concesso qualunque cosa."
Avrebbero, voi, un plurale maiestatis che, dice e ribadisce più volte Cattafi, Di Maggio usava sempre. L'incontro al bar di Messina, durò una decina di minuti, poi Di Maggio ricevette una telefonata. Di lì a pochi minuti arrivarono, 4 forse 5 agenti del Ros, in divisa da alto ufficiale. C'era uno che chiamavano il comandante, e anche lui era in divisa. Alla domanda fatta dal pm Di Matteo "Ricorda il nome di qualcuno degli agenti del Ros presenti?", Cattafia risponde "No, o meglio voglio essere certo prima di fare nomi di qualcuno e di mettere in mezzo altre persone". Alla stessa domanda posta dalla difesa di Mori, la risposta di Cattafia, appare diversa: "Io potrei dire che a quella riunione era presente un uomo bassino che raccontava le barzellette e che era il colonnello Mori, ma non lo dico...".
"Di Maggio – continua Cattafi – mi disse di essere stato messo al Dap proprio per cercare di disinnescare tutto quel periodo di violenza. Era necessario bloccare tutto e mi disse "prometti qualunque cosa – sono disposto a tutto, falli mettere in contatto con me".
Secondo il racconto di Cattafi, i carabinieri del Ros erano presenti quando Di Maggio gli disse che non appena avesse avuto notizie da Cuscurà lo avrebbe dovuto contattare anche chiamando al Ministero.
Cattafi, recluso all'Aquila al 41 bis, indagato perché considerato uno dei capi della cellula mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto e indicato come il cassiere da più pentiti, da ieri ha cambiato la sua "posizione", da semplice imputato in procedimento connesso assume la veste di teste assistito avendo reso dichiarazioni a carico di terzi. Aveva deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere ma in questa nuova veste, è obbligato a farlo anche perché avvertito preventivamente di quanto sarebbe accaduto, ovvero che avrebbe dovuto rendere dichiarazioni.
Le sue dichiarazioni ieri sono state certamente poco chiare, modificate di mezz'ora in mezz'ora. Spesso contrastanti con quanto reso durante gli interrogatori dello scorso settembre e ottobre, e chè è a verbale. "Lei ha mai parlato di questo incontro e di quello che sapeva con qualcuno?" chiede Di Matteo. "No, - risponde Cattafi – o forse si, ma in questo momento non ricordo. Ho capito he la cosa forse era anomala, quando ho iniziato a leggere sui giornali della presunta trattativa. Con un imprenditore messinese Scirocco, conosciuto in carcere parlai un po' di quello che sapevo e lui mi rispose che conosceva il colonello De Donno, che per due anni era stato a capo della sicurezza della sua impresa. Mi disse anche che De Donno diceva che avrebbe dovuto ricevere una medaglia per quanto fatto in merito alla trattativa e che aveva partecipato ad alcuni incontri a Messina".
Poi l'attacco ai Ros: "Dottore – dice rivolgendosi a Di Matteo – prima sembravano con me, poi apena uscito il libro di Artida sulla Tratattiva, hanno provato a afre di tutto per incastrarmi. Cose meschine e io sono stanco adesso di dovermi sempre difendere. Ma vista una malafede simile come quella dei Ros"
Nel '94 Cattafi chiese di essere trasferito al carcere di Opera "Parlai telefonicamente con Di Maggio che mi disse che avrebbe mandato i Ros. Prima del mio trasferimento arrivarono i Ros a ltri ufficiali, non c'erano magistrati e la cosa è verificabilissima dottore, nessuna entra o esce dal carcere senza che risulti"
Interrogato dal pm Di Matteo, ha cambiato in corsa più volte versione soprattutto in merito alla data del famoso incontro messinese. Prima o dopo l'arresto di Nitto Santapaola?
Santapaola, il boss a detta di Di Maggio meno sanguinario, ma fu scelto come semplice intermediario o perché coinvolto in prima persona? E dunque era già in galera quando Di Maggio chiese a Cattafi di contattarlo?
Sulla latitanza in quel periodo del Boss Santapaola, dice di non sapere nulla e sembra confondersi anche sulle date dell'incontro, che secondo verbale sarebbe avvenuto quando Santapaola era ancora libero, salvo oggi dire: "Il mio ricordo è che sia Santapaola che Cuscurà erano in carcere".
Proprio per questo il pm ha richiesto come teste per la prossima udienza fissata per l'8 gennaio Olindo Canali uditore giudiziario di Di Maggio negli anni '80, presente durante una delle telefonate tra Di Maggio e Cattafi. Cattafi avrebbe una registrazione in cui Olindo confermerebbe tutti gli incontri avvenuti tra Di Maggio e lo stesso Cattafi. Forse sarà possibile definire finalmente una data precisa, il che potrebbe quindi dare connotati ben più chiari a quell'incontro.
Secondo Di Matteo (che presenterà tutta la documentazione), i Ros nell'aprile del '93 rilevarono la presenza di Santapaola a Barcellona pozzo di Gotto. Periodo in cui il capitano Sergio De Caprio e De Donno si trovavano a Barcellona quando ci fu la sparatoria del 6 aprile del 1993 in cui fu colpito il figlio di un imprenditore locale, tale Imbesi, scambiandolo a loro dire per il latitante Pietro Aglieri.
Che fine fece quel tentativo di trattativa non è chiaro, ma le condizioni affinché l'incontro avvenisse ci furono tutte. E avvenne in carcere, nel centro clinico di sa Vittore dove Cattafi era stato trasferito a seguito di un piccolo intervento. "Gli rappresentai – dice Cattafi – la possibilità di portare il messaggio di Di Maggio a Santapaola o uno a lui vicino. Con noi c'era anche un tal Ercolano". Se fosse l'Ercolano cognato di Santapaola, non è dato sapere, Cattafi non lo sa.
E Sempre in carcere ma questa volta ad Opera, Cattafi ebbe un altro incontro. Di Maggio lo informò che presto sarebbe arrivato Ugo Martello, boss palermitano e sarebbe stato messa nella sua stessa sezione e che avrebbe dovuto parlare con lui. Martello avrebbe dovuto portare ai palermitani un messaggio , ovvero quello di sostenere la dissociazione e che in cambio avrebbero ottenuto dei benefici . La dissociazione, si, avrebbero dovuto "pentirsi" e prendere le distanze dai fatti di mafia avvenuti. Ma quella volta Cattafi si rifiutò. Una figura che appare assolutamente determinante quella di Cattafi, usata come tramite con i boss e "grazie" al suo essere carcerato, gli incontri risultavano molto più semplici.
La prossima udienza è fissata per il prossimo 8 gennaio. Di Matteo ha chiesto di ascoltare Olindo Canali attualmente giudice del Tribunale di Milano, Salvatore Bonferraro e Rosario Merenda.
La difesa di Mori affidata a Basilio Milio, si è opposta al momento alla deposizione di Canali, ammette i testi Aldo Fabozzi direttore protempore al carcere di Opera, Giuseppe De Donno, Il capitano dei carabinieri Morini, l'allora comandante della sezione anticrimine di Messina Maresciallo Scibilia e richiede l'acquisizione foto di D'Amico. Entrambe, accusa e difesa, richiedono la deposizione del colonnello Silvio Valente, che era l'effettivo comandante della sezione anticrimine di Messina in quel momento ma che in quel periodo frequentava un corso e dunque fu sostituito da Scibilia.