E' uno dei pochi reduci della seconda guerra mondiale ancora in vita, uno di quelli che hanno vissuto la campagna dell'occupazione greca, uno di quelli che, meglio di tutti, può parlare di ciò che fu e di ciò che è adesso l'Italia.
La storia di Francesco Camilleri, classe 1917, palermitano di nascita dal cognome illustre, ma ormai catanese d'adozione da una vita e più, degna di un romanzo. Avvincente, disperata, dura, concreta, ma anche intrisa di una spiritualità non comune. Secondo di sei figli, quattro maschi e due femmine, l'allora Sottotenente Camilleri, a soli 24 anni, viene catapultato nell'inferno dei Balcani.
Una campagna durissima col 29^ Battaglione Mortai da 81 della Divisione Piemonte, culminata nella deportazione per mano tedesca del settembre 1943. Un lungo viaggio fino in Polonia, nel campo di concentramento di Biala Podlaska, un inferno durato quattro mesi, la fame, il freddo, gli stenti, l'orrore delle tracce lasciate dagli ebrei che avevano trovato la morte proprio in quel campo.
"Ci facevano fare delle docce bollenti, una volta tanto, ma il nostro terrore era che potessero mettere delle pasticche di cianuro nell'acqua, come facevano per sterminare gli ebrei". E' impressionante la nitidezza dei ricordi di Francesco Camilleri, la lucidità nell'esposizione. "Non sapevamo che fine avremmo fatto, eravamo già fortunati ad essere vivi.
A Cefalonia finì peggio, come da qualche altra parte. Rimanemmo lì quattro mesi, ma ci parvero quattro anni - ha continuato il Sottotenente - c'era freddo, c'era fame, il rancio era scarso..(una pausa) per sopravvivere ci arrangiavamo. Non fidatevi delle ricostruzioni a quasi 70 anni di distanza. Era durissima ed era una lotta per la sopravvivenza. Poi ci fecero aderire alla Repubblica Sociale Italiana e ci trasferirono in treno a Norimberga.
A Biala Podlaska eravamo 2500, non so in quanti riuscirono a tornare a casa". Negli anni '80, Francesco Camilleri, per uno di quegli strani casi della vita, conobbe Iannis Kladakis, un altro omone, ma greco. Iannis era il fratello della madre del marito della sorella minore di Francesco. Un uomo che aveva anche lui combattuto, ma dalla parte opposta della barricata. Iannis era un "sabotatore" del Genio Militare Ellenico, faceva saltare in aria i convogli tedeschi ed italiani, ma era la guerra. I due parlarono a lungo, piansero e risero assieme per ore, giorni. Fumarono e bevvero, come se si conoscessero da sempre.
Se dovesse fare una comparzione tra l'Italia del dopoguerra e quella di ora, su cosa punterebbe maggiormente l'indice?
"Allora, - ha detto Francesco Camilleri - c'erano dei valori tangibili, c'era un rispetto diverso per le persone e per le cose, c'era tanta voglia di fare, come forse c'è anche adesso, c'erano indubbiamente più possibilità, ma venivamo da una guerra e l'Italia era distrutta. Oggi, invece, l'Italia non è distrutta, è semplicemente mangiata".
Che suggerimento si sentirebbe di dare ai giovani?
"Direi loro che dovrebbero studiare di più, avere più coscienza delle cose e più conoscenza dei fatti. Fanno bene ad essere arrabbiati, ma la loro rabbia, oltre che protesta, dovrebbe anche essere proposta".
Qual'è il suo giudizio sull'attuale situazione europea?
"Penso che l'Europa unita sia una gran cosa, ma penso anche che le radici culturali, la storia, le tradizioni, l'identità nazionale ed il senso d'appartenenza ad una nazione e ad un popolo non possano essere dimenticate".
Come si vive oggi in Italia?
"Da quello che leggo, che apprendo, direi che si viva male. C'è molto malcontento, molta precarietà, molta confusione. Non c'è un rapport equo tra il costo della vita ed il guadagno. Non c'è lavoro, e quando non c'è lavoro non c'è futuro. Senza futuro, poi, è necessaria la massima attenzione da parte di tutti, perchè la storia ci insegna che il caos origina altro caos".
Qual'è il suo concetto di spiritualità?
"Ho dedicato la seconda parte della mia vita alla spiritualità, e penso che una vita senza spiritualità non sia una vita. La profondità delle cose terrene è nella loro semplicità. La vita è troppo bella e ricca per essere sprecata, basta interpretarla, capirla, amare ciò che ci circonda, vedere il bicchiere mezzo pieno, mai smettere di combattere. E poi, come diceva il mio amico Iannis...panta rei, che non è greco, ma latino".