Ormai, ogni qualvolta, la Regione Siciliana deve mettere una pezza nelle sue mille voragini: ex Pip, forestali, società partecipate, ecc. ecc. trova i fondi proclamando che tali disponibilità finanziarie provengono dai tagli alla sanità. Ma ci siamo mai chiesti cosa vuol dire tagliare la sanità? Il sistema sanitario è uno dei servizi di primaria importanza in qualsiasi comunità. La cura della persona è un diritto sociale. È impensabile che tutto ciò poi non avesse delle ripercussioni concrete sui cittadini. Gli ospedali non riescono più a gestire la mole di interventi e cure da prestare. Emblematico è il caso di uno dei più noti ospedali palermitani, il Buccheri la Ferla dove ci sono reparti, come quello di chirurgia plastica, per l'esportazione di patologie tumorali in cui ci sono liste d'attesa di oltre 700 persone con interventi spostati di mese in mese senza alcuna certezza sulla data reale.
Ogni struttura, dal canto suo, lamenta carenza di fondi e di personale e dichiara che per quanto gli è concesso si adoperano al massimo possibile. Ma il dato resta i pazienti sono lasciati in un limbo senza alcuna certezza. Che alcuni tagli al comparto sanitario siano necessari nessuno lo mette in dubbio, ma la sensazione è quella che tali decurtamenti vengano fatti dall'alto, senza alcun criterio oggettivo di priorità, con una mannaia, quasi per principio generale, lasciando poi le singole strutture a dovere gestire tutte le difficoltà derivanti. Chiaramente difficoltà e disservizi che poi si ripercuotono sui cittadini. Tutto questo, mentre comunque si continuano a buttare soldi pubblici in ambiti assolutamente non prioritari. I veri tagli dove si potrebbero fare non si fanno mai. A partire dalle 5 auto blu a disposizione del Presidente della Regione che costano un milione e mezzo all'anno, dalle decine di società partecipate dalla regione in liquidazione perenne ma mai chiuse, dagli Ato Rifiuti, mantenuti in stato vegetativo da tre anni senza alcuna risoluzione e con perdite di milioni di eruo all'anno, e non per ultimo il taglio degli stipendi dei burocrati regionali e dell'Ars che continuano ad avere gli stipendi più alti d'Italia e perciò d'Europa. La lista potrebbe essere lunga, magari fatta da cifre che lette nel bilancio complessivo della regione sembrerebbero "spiccioli". Ma il punto è che se si andassero a sommare tutti questi " spiccioli" si arriverebbe a cifre considerevoli, che potrebbero certamente essere usati, con criterio e precisione, in settori di diretto interesse per la cittadinanza. Primo proprio la sanità.