Chissà se tra gli argomenti dell'Udienza concessa da Papa Francesco al Presidente Conte avrà trovato posto anche quello dell'emergenza sanitaria nelle carceri.
Certo è che, se così è stato, è evidente che il Presidnete Conte non ha ancora avuto modo di trasferire al Ministro Bonafede le preghiere che gli avrà rivolto sull'argomento il Santo Padre.
Ne è la prova il fatto che, nonostante la solenne benedizione pontificia della scorsa domenica, le raccomandazioni dell’OMS e il convergente coro di appelli di magistrati, Garanti di ogni generare e sorta, accademici, avvocati, associazioni e sindacati, ad oggi i passi compiuti dal Ministro Bonafede risultano - per usare le stesse parole di Bergoglio - "insufficienti e parziali".
Probabilmente influenzato dalla quella politica che mette squallidamente in contrapposizione i diritti inviolabili della popolazione carceraria con quelli della polizia penitenziaria e degli operatori di settore, il Guardasigilli, "urbe et orbi", sta mancando del coraggio necessario.
Per uscire dall'angolo Bonafede farebbe bene ad accogliere l'invito del Presidente della Repubblica ad una maggiore “condivisione di intenti” con tutte le parti politiche, aprendo alla ricerca di una soluzione trasversale che garantisca appieno la dignità umana all'interno delle carceri.
Abbia la capacità di trasformare la crisi in una opportunità: accetti di confrontarsi su un provvedimento che miri a introdurre una detenzione domiciliare speciale concessa per il solo tempo della durata dell'emergenza; ammetta che a goderne possano essere i detenuti che abbiano dato prova evidente di buona condotta e che abbiano da scontare una pena residua inferiore a tre anni, con esclusione di quelli trattenuti per reati gravissimi o che hanno provocato le rivolte dei giorni scorsi.
Non in ultimo, rimetta alla Magistratura di sorveglianza la decisione se, scaduto il periodo di detenzione domiciliare speciale, ammettere ad una proroga temporanea dei domiciliari il detenuto che avrà rispettato le dovute prescrizioni.
Una misura simile consentirebbe un enorme risparmio e, soprattutto, decongestionerebbe le carcerari di un numero talmente elevato di detenuti dando alla pena, per la prima volta, una funzione costituzionalmente orientata, con conseguente esclusione dell'Italia dal rischio di ulteriori condanne CEDU per trattamenti disumani.
Una grande occasione capitata proprio a quel Bonafede che, per definirsi su Twitter, usa la frase “La giustizia è uno stato morale che dà a ciascuno una propria dignità”.
On. Avv. Carmelo Miceli