L'impoverimento delle risorse ittiche dei nostri mari a causa di una pesca indiscriminata, passa anche per una carenza di controlli da parte degli organi preposti. Già da tempo il basso Tirreno ha registrato un decremento di alcune specie autoctone che ha creato preoccupazione. In tal senso, un'azione più incisiva da parte di tutte le forze dell'ordine è in atto per regolamentare e controllare tutte le metodologie di pesca e, soprattutto, il pescato. Ormai siamo in primavera, stagione propizia alla tutela del novellame e non alla pesca. Ma il novellame, per i pescatori, almeno per quelli privi di scrupoli, è merce rara e preziosa. Ed in particolar modo quello di sarda (nella foto).
Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Guardia Costiera si stanno impegnando nelle azioni di contrasto, ma sarebbero opportuni anche dei controlli presso le rivendite ed i ristoranti. Proprio l'impossibilità di smerciare le specie proibite o sotto taglia, infatti, dissuaderebbe i pescatori stessi dal catturarle. Il pesce azzurro, a cui appartengono le sarde e gli sgombri, è il pù minacciato, e le due citate specie sono quelle più a rischio. Siamo andati a più riprese presso il mercato ittico di Palermo, nel cuore della notte, quando arrivano i pescherecci ed i camion con le celle frigorifere provenienti dalle altre marinerie. Non ci è mai capitato di assistere a controlli da parte di nessuna autorità.
Cosa che invece avviene spessissimo in altre parti d'Italia. Nel basso Adriatico, per esempio, troppo tardi ci si è accorti dell'impoverimento del mare, e solo adesso i controlli rigorosi e quortidiani stanno permettendo un parziale ripopolamento. Nei nostri mari la presenza di reti non è mai segnalata adeguatamente con visualizzazioni luminose previste dalla legge, e le stesse imbarcazioni che praticano lo strascico o la pesca a circuizione, spesso, non rispettano le regole. Avete mai provato a vedere delle immagini di un fondale marino prima e dopo il passaggio di una classica "paranza" o rete a strascico? Ecco, prima è rigoglioso e pieno di vita, dopo diviene una sorta di deserto, un'autostrada, una spianata dove spesso anche gli scogli del fondo vengono rimossi. Diversa la situazione per quelli che praticano la pesca a circuizione: molto spesso si tratta di un genere di pesca notturna, proprio per sfruttare le enormi lampare, per attirare il pesce con la luce, raccoglierlo in prossimità dell'unità base e poi circuirlo con reti a parete. Insomma, per i poveri abitanti del mare non c'è scampo.
Ma fa rabbia anche il fatto che una buona parte del pescato, sia per lo strascico che per la circuizione, venga ributtato in mare, poichè poco commerciabile o non commestibile. Indiscriminazione. Ma anche i pescatori hanno le loro ragioni. La vita in mare è durissima, sia d'inverno che d'estate. Il mare logora nel corpo e nella mente e se non si è pescatori non lo si può capire appieno. I costi aumentano, il prezzo del carburante cresce anche quello, i ricavi diminuiscono, come le catture. Le regole devono però valere per tutti e non è concepibile il fatto che dove gli italiani non possano, i giapponesi magari possano pescare. Le regole vengono invalidate dall'internazionalità delle acque, ma una cosa è pescare, un'altra distruggere. E questo all'Unione Europea dovrebbero saperlo bene, anche se le leggi non sembrano essere uguali per tutti.