Lo hanno ammazzato il 26 gennaio di 33 anni fa Mario Francese. La storia della tragica sera in cui gli spararono, alcuni la conoscono, altri no, altri l'hanno dimenticata. Stava rincasando, dopo una intensa giornata di lavoro al Giornale di Sicilia, aveva salutato i colleghi con il suo immancabile (e indimenticabile) "Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado" ... e andò via, per sempre. Non ebbe il tempo di rincasare, il suo killer Leoluca Bagarella, lo aspettava sotto casa, in viale Campania, con 4 pallottole in canna.
Solo nel 2003 la sua vicenda ha visto la luce, l'inchiesta sulla sua morte infatti venne in un primo momento archiviata (e dimenticata) e riaperta molti anni dopo su richiesta della sua famiglia. Il processo si concluse solo nel 2001. La sentenza confermò i 30 anni di carcere per Totò Riina e per Leoluca Bagarella, Raffaele Ganci, Francesco Madonia e Michele Greco, che non avevano fatto ricorso davanti alla Suprema corte. Confermato in appello, nel processo bis, l'ergastolo a Bernando Provenzano. I tre boss, Pippo Calò, Antonino Geraci e Giuseppe Farinella furono assolti per non avere commesso il fatto.
Tra pochi giorni, Mario Francese, avrebbe compiuto 86 anni. Chissà quante verità ci avrebbe ancora raccontato, quanti scenari avrebbe preannunciato. Quante cose, sul senso dell' essere giornalisti (e non semplicemente del farlo) ci avrebbe insegnato ancora.
Oggi a ricordarlo c'è solo una corona di fiori posta stamattina davanti alla lapide in viale Campania. Troppo poco rispetto a quanto Mario Francese ci ha lasciato in eredità.
Passate da lì, portategli un fiore. Se non oggi, fatelo domani o dopodomani, ma fatelo. E' questa la memoria, quella vera, personale di ognuno di noi. Quella fuori dai riflettori.
Quella che nasce dal cuore e che proprio per questo contribuisce a dare un senso, seppur piccolo, alla sua morte.