Da anni ormai la “scienza” demoscopica dei sondaggi ha mostrato tutti i propri limiti. Oltre a non tenere conto delle diversità della legge elettorale, ad esempio tra comunali, regionali e politiche, spesso lascia anche nebuloso il criterio di intercettazione della volontà del cittadino e sopratutto il metodo pratico di domanda, pare non più allineato alla predisposizione delle persone a dire la verità sulle proprie intenzioni di voto. Ad esempio, secondo la legge elettorale in uso in Sicilia ( voto disgiunto non confermativo) al contrario che per le comunali, basta scrive il nome del candidato al parlamento per far si che il voto vada automaticamente al candidato presidente apparentato con la lista. Rispetto a questo presupposto, non è quindi possibile fare una previsione sulla percentuale di consenso del candidato alla presidenza senza “pesare” il valore delle liste.
Proviamo a fare un ragionamento ipotetico ma pratico, con un riferimento generale legato ai risultati delle ultime amministrative di Palermo: Rosario Crocetta è appoggiato da PD – UdC e Lista Crocetta: ipotizziamo che il primo ottenga il 12%,( alle comunali prese il 7,75%) il secondo 8% (prese 7,6%) la terza lista il 4,5%, totale 24,5%.
Nello Musumeci è appoggiato da PdL – Pid – La Destra – Musumeci Presidente: ipotizziamo che il primo raggiunga il 12% ( alle comunali 8,34%) il secondo 7% ( alle comunali 6,18) il terzo il 2,5% e la terza lista il 4,5% totale 25%.
Gianfranco Miccichè è appoggiato da Grande Sud, PdS, FlI e PPA: Ipotiziamo che il primo prenda il 8%,( alle comunali il 6,2) il secondo il 12%,( alle comunali di Palermo il 7,55%) il terzo il 5% (alle comunali il 4,35) e l'ultimo partito il 2% totale 27%... e cosi via per tutti gli altri candidati... .Questo ragionamento numerico, se pur ipotetico, mette in luce come sono le liste dei partiti delle varie coalizioni a far eleggere il presidente e non il presidente a fare da traino alle liste, considerando che il voto disgiunto, cioè votare per un candidato al parlamento e poi votare per un candidato presidente diverso dalla coalizione del primo, è storicamente non superiore al 3%.