Tra le mura domestiche e davanti ai figli con mariti o ex conviventi divenuti d'improvviso carnefici. E' questo il tragico volto della violenza sulle donne, un volto che persi i tratti di un'intimità affettuosa si tramuta in un amore feroce e assassino. A dimostrarlo ci sono i numeri. Un vero e proprio bollettino di guerra: 124 donne uccise nel 2012, di cui 14 solo in Sicilia
Secondo l'Istat ('La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia', 2006), nell'Isola il 23,3% delle donne da 16 a 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale nel corso della vita e nell'11,9% dei casi da parte di un partner. Il 4,3% della popolazione femminile ha dovuto fare i conti con forme di violenza sessuale prima dei 16 anni, perpetrata in oltre il 50% degli episodi da parenti o persone conoscenti.
A tratteggiare l'identikit del carnefice è l'Osservatorio del Telefono Rosa: il marito (48%), il convivente (12%) o l'ex (23%). Uomini giovani tra i 35 e i 54 anni (61%), impiegati (21%) e istruiti (il 46% ha la licenza media superiore).
Da 20 anni a Palermo c'è un'associazione, Le Onde, che si occupa del contrasto alla violenza di genere verso le donne e verso le bambine e i bambini. ''In questi anni - spiegano - siamo state spesso testimoni di violenze subite, ma anche della forza di centinaia donne che a queste si sono opposte, della capacità di ricostruire per sè e per i propri figli un futuro diverso, un nuovo progetto di vita in un orizzonte di libertà femminile'.
Nel 2012 sono state 431 le donne che si sono rivolte al Centro antiviolenza gestito dall'associazione e di queste 285 sono state accolte e accompagnate con un ventaglio di servizi alla costruzione e attuazione di un nuovo progetto di vita
A indirizzarle alla struttura è stato soprattutto il passaparola (28,7%), cioè il contatto diretto con un'altra donna di cui si fidano (e che spesso ha vissuto lo stesso problema) o con un parente, solo l'8,4% è arrivata al Centro indirizzata dal servizio telefonico nazionale 1522. Ma l'informazione e l'invio avviene anche dai servizi sanitari e sociali (7,30%) e dalle forze dell'ordine (4,6%), mentre è in aumento la quota di donne che conosce il centro attraverso i media (7,7%). Le donne che chiedono sostegno provengono principalmente da Palermo (84%) e dalla sua provincia, anche se alcune arrivano da altri comuni della Regione (Melilli, Nicosia, Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Castellammare del Golfo), dove non esistono adeguati servizi o centri antiviolenza. Tra le straniere, il 14%, prevalgono le romene (21%) e le polacche (13%). La maggior parte ha un'età compresa tra i 31 e i 50 anni, con una percentuale che va oltre i 50 (16%) o si colloca prima dei 20 (12%). ''La violenza si consuma per lo più all'interno della relazione d'intimità che queste donne vivono - spiegano dal Centro - perchè per il 95% di loro il carnefice è dentro le mura domestiche. Nel 70% dei casi, infatti, si tratta di mariti, conviventi, fidanzati o ex (15%), ma anche per le più giovani, i genitori naturali o acquisiti e nell'8% altri familiari''. Violenze fisiche (58%) ed economiche (39%), ma non solo. Il 86% dichiara di subire una violenza psicologica (86%), di essere vittima, cioè, di uno specifico comportamento tendente alla svalutazione, alla denigrazione.
E i carnefici? ''Uomini dello stesso livello di istruzione delle loro compagne, che quasi sempre lavorano (a volte in posizioni di prestigio o come professionisti), che in alcuni casi hanno problemi di dipendenze da alcool o sostanze, ma che spesso sono 'normali''' spiegano dall'associazione Le Onde. Eppure le loro vittime non sono donne ai margini. Infatti, nel 50% dei casi sono in possesso di un diploma di scuola media superiore. Donne istruite, insomma e probabilmente appartenenti ad una fascia sociale di medio reddito, che si sono dedicate alla famiglia e che vivono con difficoltà la decisione di rendere pubblico il loro dramma. Eppure alle volte queste moglie e madri silenziose decidono di non stare zitte. Danno voce al loro dolore e chiedono di essere ascoltate. Un percorso in salita che richiede l'assunzione di una responsabilità condivisa e partecipata a un cambiamento simbolico e culturale.
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