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Quando andare allo stadio più che un divertimento diventa un'impresa...

Oggi avevo nostalgia del mio posto in curva, quello che per tanti anni ho occupato, soffrendo tra campionati di b e di c. Da troppo tempo relegato in tribuna stampa, dove esultare per un gol dei rosa è quasi un reato istituzionale, decido di acquistare un tagliando per Palermo - Cremonese, partita valida per la qualificazione al quarto turno eliminatorio di coppa Italia. Arrivo al botteghino dello stadio alle ore 17.40 e subito vengo accerchiato dai bagarini: "biglietto, biglietto". Naturalmente dico loro che non mi interessa e mi sento rispondere: "virissi ca un cià fà ad accattari u bigliettu, u botteghinu alle 6 chiude". Speranzoso mi metto ugualmente in fila, che però sembra essere ferma. C'è caldo. Una decina di steward in casacca gialla delimitano la fila: "alle 18 si chiude, chi c'è c'è" - confermano. Il motivo di questa premura? Viale del Fante deve essere chiusa al traffico e per motivi di sicurezza la zona deve essere sgomberata. Uno dei tanti svantaggi di non avere uno stadio nuovo, con una biglietteria esterna.
Spinti dall'appoggio morale, i bagarini cominciano, indisturbati, una vera e propria violenza psicologica nei confronti di chi è in fila: "ora il biglietto lo vendiamo 10 euro, se chiude il botteghino passerà a 40 euro - dice uno di loro - Poi non dite che non vi abbiamo avvisati". "Peggio per loro - gli risponde un altro - tu ciu ricisti, facci fari a fila". Ma un terzo insiste imperterrito: "Io i biglietti li vendo lo stesso. Lo dico per voi, non fate in tempo..."  
Alle 18.05 il botteghino è chiuso. Una trentina di tifosi, tra cui io, siamo rimasti a mani vuote, tra gli sberleffi di quegli avvoltoi e la delusione di non poter assistere all'incontro. Qualche tifoso cede e acquista il tagliando a prezzo maggiorato. E dire che a poche centinaia di metri sono presenti una trentina di poliziotti e una decina di vigili urbani. Commercio nero in libertà.
Decido di continuare la mia odissea. Un signore mi da un'altra possibilità: la ricevitoria di Piazza Leoni. Effettivamente la trovo ancora aperta e ricomincio la fila. Alle 20 le gambe non le sento più, ma ormai è una questione di principio. Gira voce che sta finendo la carta per stampare i tagliandi, mi preoccupo, ma questa volta sono più fortunato. Alle 20.15 staccano il mio biglietto, ma dietro di me la coda è ancora lunga e la partita sta per cominciare. Avrei voluto mangiare qualcosa ma il tempo è tiranno. Percorro in fretta e furia, a piedi, viale del fante fino all'ingresso della curva sud. "Il documento" - mi chiede una maschera al primo cancello. Lo cerco nello zaino, temo di averlo dimenticato. "La patente va pure bene, può passare". Proseguo, facendo lo slalom tra i tifosi ritardatari.
Finalmento arrivo ai cancelli del Barbera, ma una visione nefasta si presenta davanti ai miei occhi, una muraglia umana di persone: sembrerebbe una coda, l'ennesima. "Ma chi me lo ha fatto fare?" dico tra me e me.
Alle 20.50 entro allo stadio: quattro rampe di scale. Sono esausto. La partita è cominciata da un minuto, non ho perso nulla. Cerco il mio posto, è occupato. Mi siedo nella prima poltroncina che trovo, ma dopo due minuti si presenta un tizio che la reclama. Cambio nuovamente posto, stavolta mi lasciano guardare tranquillamente il mio Palermo, che vince e rinfranca il mio spirito. Ma vi confesso che a tutti e tre i gol, privo di forze, non ho esultato: urlo in playback, accenno ad un sorriso per non passare per un tifoso avversario in trasferta e leggero sollevamento di braccia. 
Per una sera ho rivissuto l'atmosfera della curva o per meglio dire l'ho vista nei volti di chi mi era accanto, ma è dura la vita del tifoso, tutto troppo complicato. Poi qualcuno si domanda perché gli stadi si svuotano...