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Agenzia di Stampa Italpress
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Primarie è sbagliato il metodo. La soluzione è un modello diverso.

Anche se la "frittata è fatta" non smettiamo di credere che ci possa essere un futuro per le Primarie. Al di là di tutte le considerazioni di ordine pratico, politico e giudiziario, le primarie del centro sinistra hanno fallito. Il perché risiede nel metodo e nel regolamento non conformi a gestire una situazione di possibile pareggio. tanto meno, di risolvere il problema del così detto inquinamento politico del voto. Infatti trattandosi di primarie “libere”, cioè in cui qualsiasi cittadino può votare, e non solo coloro che risultano iscritti in uno dei partiti della coalizione che le indice, qualunque ragionamento sulla contaminazione politica dei voti, risulta di pura demagogia. Queste primarie sono semplicemente sbagliate tecnicamente. Il metodo in uso, infatti permette di acclarare un vincitore che se questo supera appena il 33% delle preferenze della coalizione, con il secondo, ad esempio, al 32,50%. Dati che nei fatti, sanciscono più una equa spaccatura, che un vincitore, non dando nessuna certezza sulla futura governabilità.

Serve dunqu, un modello alternativo. Quello che può venire in aiuto, usato con qualche correzione, può essere di tipo americano. Comprenderlo per i non addetti  ai lavori, può non essere semplice. Proviamo perciò a simularlo sulle ultime primarie di Palermo, approssimando le percentuali per facilità espositiva.

Bastano Tre nuove regole certe:

1) Formata la coalizione questa va considerata come un unico partito. I candidati sono da ritenersi espressione delle diverse correnti “interne”. (Anche perché se la coalizione non è unita prima del voto come si può pensare che lo sarà al momento di andare ad amministrare una città.)

2) In virtù di questo principio, non si può dichiarare nessun vincitore se manca un candidato che supera il 50,01% delle preferenze.

3) Introdurre il ballottaggio sotto due forme: O si ritorna a votare scegliendo tra i primi due, applicando il ballottaggio classico; o si utilizza il sistema di autoregolamentazione interna, meno dispendioso e più veloce dei delegati.

Proviamo ad applicare queste tre regole ai 4 candidati di Palermo usando cifre arrotondate per comodità di calcolo.

Votanti 29.000 mila

Fabrizio Ferrandelli 10.000 voti - diciamo il 35%

Borsellino 9.500 voti - diciamo il 34%

Faraone 7.500 voti - diciamo il 25%

Monastra 2.000 voti - diciamo il 6%

Gli ultimi due non fanno gioco perché, anche, sommando i loro voti non supererebbero il secondo classificato.

Allora, se si sceglie il ballottaggio classico, si chiede semplicemente agli elettori di tornare a votare tra Ferrandelli e la Borsellino, dando implicitamente ai due non classificati (Faraone e Monastra) la possibilità di appoggiarne uno rispetto all'altro, e perciò comunque di partecipare alla formazione del consenso fino in fondo.

Se si sceglie il sistema (tipo americano) dei delegati, si attribuisce a ogni singolo candidato la possibilità di nominare dei propri delegati secondo delle percentuali prestabilite e direttamente proporzionali al numero di voti presi. Questi dovranno riunirsi in un'assemblea per esprimere il proprio voto, liberamente o con vincolo di mandato da parte del candidato che li ha nominati, esprimendolo comunque in forma palese. Visto che l'obbiettivo è di stabilire la governabilità secondo una logica di maggioranza assoluta, si costringerebbero i 4 candidati ad arrivare ad un accordo, a una convergenza su di uno solo, e se ciò non dovesse avvenire i 4 candidati stessi dovranno proporre un nome diverso, da loro, su cui trovare l'accordo.

Il realtà tutto ciò permetterebbe di far si che i partiti abbiano la possibilità di “litigare” a monte, cioè al momento della scelta dei candidati, ma una volta fatto questo, per gli elettori ci sarebbe un percorso chiaro e con molte meno sorprese durante e dopo le consultazioni.