Il coltello doveva servire proprio a quello. Secondo le prime ricostruzioni che escono dalla Procura di Palermo, Samuele Caruso non escludeva di usare l'arma che aveva addosso sul corpo di Lucia Petrucci – accoltellata dal ventitreenne assieme alla sorella Carmela, che ha avuto la peggio perdendo la vita nella tragica colluttazione - se le cose non fossero andate come la sua mente aveva deciso che andassero.
Lei, Lucia, la ragazza conosciuta su facebook e con la quale Samuele aveva avuto una relazione, una storia finita da mesi, doveva ammetere una fantomatica relazione con un altro uomo. Confessare un tradimento che non c'era, se fidanzati i due non erano più. Ammesso che lo siano mai stati nel senso comune del termine. Ma non c'è stato nemmeno il tempo di parlare, che subito la furia omicida si è scatenata.
Carmela non doveva morire, in ogni senso. Ucciderla non era nei piani di Caruso. Ma Carmela ha voluto diferndere sua sorella dai colpi di colui che era diventato un incubo, con i suoi continui tentativi di riallacciare un qualsiasi rapporto. "Si è messa in mezzo", dice l'assassino.
Una volta essersi macchiato dell'atroce delitto Samuele si mette a camminare per chilometri. Da via Uditore, da casa Petrucci, arriva fino al Foro Italico. Lì, sul ungomare Cristoforo Colombo, acquista una maglietta nuova per togliersi di dosso quella sporca di sangue. Poi il viaggio fino a Bagheria, dove la polizia l'ha scovato e arrestato.
Il bollettino medico odierno sulle condizioni di salute di Lucia è confortante; "sta meglio, rispetto a ieri è anche più rilassata e sciolta'', ha detto il primario del reparto di chirurgia dell'ospedale Cervello di Palermo, Giuseppe Termine.
Nel pomeriggio allo stadio Renzo Barbera, prima dell'inizio di Palermo-Torino, il capitano odierno del Palermo, Massimo Donati, ha deposto un mazzo di fiori sotto la curva nord in memoria di Carmela.