Cominciamo dall'inizio. In sintesi, a febbraio viene presentato il progetto di un meraviglioso, enorme acquario a Palermo. Una cordata di imprenditori metterà sul piatto 50 milioni di euro. E' evidente che un'opera del genere, che promette di essere ancora più innovativa di quella esistente a Genova, attirerà molti turisti e comporterà nuova occupazione, diretta e dell'indotto collegato. Perciò, ben venga, anzi, cerchiamo di non lasciarci sfuggire questa ghiotta opportunità. Gli industriali sono stati però subito chiari, vogliamo tempi certi, europei, hanno detto, entro due anni tutto deve essere concluso. Il punto, intanto, è la location. Gli investitori avevano individuato la Cala perché vicina al porto e, quindi, ideale per attirare i croceristi e per organizzare giri turistici in città. Ma l'Amministrazione comunale ha espresso immediatamente ben altre preferenze e si parlò della costa sud, oltre l'Oreto. In pratica, è stato spiegato, si vuole approfittare dell'occasione per lanciare una radicale azione di recupero di quella parte della città e di mare completamente in abbandono. Ma dove, di preciso? Finalmente è giunta la risposta da parte del Comune. Gli investitori potranno scegliere tra la Bandita e il Solarium. Noi palermitani conosciamo bene il degrado della zona in parola e l'assoluta mancanza in quei luoghi del minimo indispensabile che sostenga, da ogni punto di vista, la presenza di una struttura di tal portata. Gli imprenditori, che dovranno mettere mano al portafogli, si accontenteranno delle promesse sulla riqualificazione di un'area vasta e caotica, a causa del traffico di via Messina Marine, o prevarrà il timore, essendo a Palermo e non ad Amsterdam, con il rischio che ritirino la generosa proposta, che l'Acquario rimarrebbe lì, scollegato da tutto, come una cattedrale nel deserto e, conseguentemente, poco appetibile per i turisti? Io credo che ci sia un equivoco di fondo. Non è normale pensare di riqualificare una zona degradata facendo leva su un'attrattiva per il turista, per giunta pagata da altri che dovranno rientrare dalle spese in un arco di tempo prestabilito. Al contrario, al turista dobbiamo offrire ciò che è già appetibile e all'investitore una qualche ragionevole sicurezza sul buon esito del suo investimento, comunque elargito a favore della città di Palermo. Che garanzia possiamo offrire di riuscire a fornire in due anni, il tempo concesso dalla cordata, le infrastrutture necessarie per un'ottima fruizione dell'acquario? Se avevano chiesto la Cala, tra l'altro con un progetto già pronto, non era forse il caso di assecondarli? La mia domanda, insieme alle riflessioni esposte, solo per stimolare un proficuo dibattito.
Pippo Russo