Se si seguono i fatti che ruotano attorno al "Palazzo di Giustizia" di Palermo e in generale nel nostro paese, con attenzione e senso critico, quanto detto ieri durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha dato la misura della crisi che si sta attraversando.
Dalle riforme della Giustizia al peso della criminalità organizzata sul controllo del territorio e dunque sulla disoccupazione, al lavoro/ruolo dei magistrati con, da un lato, attacchi duri alle esposizioni mediatiche e dall'altro il sostegno ai pm.
Un'Aula Magna gremita ieri. Presenti tra gli altri, i pm Piergiorgio Morosini, Vittorio Teresi, Marcello Viola, Nino Di Matteo, Franesco del Bene, Teresa principato, Leonardo Agueci, il presidente dalla Corte d'Assise Alfredo Montalto,il procuratore Capo Francesco Messineo, il presidente del Tribunale Leonardo Guarnotta, il presidente del Senato Piero Grasso, il Cardinale Romeo. Assente il pm Roberto Tartaglia.
Il primo intervento è stato, come sempre, quello del presidente della Corte D'Appello Vincenzo Oliveri, che ha prima fatto una'analisi dettagliata sullo stato dell'amministrazione della Giustizia nel distretto di Palermo, esponendo dati preoccupanti per certi versi."Il dato criminale che continua a destare maggiore allarme è la perdurante presenza sul territorio dell'associazione mafiosa Cosa Nostra – ha detto – le indagini hanno messo in evidenza i tentativi di riorganizzazione delle consorterie mafiose nonostante la intensa azione repressiva da parte dello Stato. Il ritorno in libertà di mafiosi di spicco che hanno concluso l'espiazione delle pene detentive loro inflitte.
Ha inciso sensibilmente sui nuovi assetti di potere nell'ambito dei rispettivi territori e ha in molti casi rinvigorito il prestigio e la capacità di influenza di Cosa Nostra nel contesto sociale e di riferimento, per il forte carisma di alcuni personaggi".
Non sono mancati i riferimenti ai reati che nell'ultimo anno hanno visto una crescita, come quelli legati alla destinazione di fondi per la formazione professionale, che hanno "inciso sull'affidabilità delle nostre istituzioni rispetto alla gestione delle risorse europee".
L'ultima parte del suo intervento, Oliveri, l'ha dedicata alla "dignità della magistratura e alla consapevolezza di questa dignità". Non ha fatto riferimenti diretti a fatti recenti e dunque alle minacce di Riina fatte in carcere e rivolte al pm Nino Di Matteo, che sta portando avanti il processo sulla trattativa stato-mafia; le sue parole sono state molto dure. Si riferiva al Pm Nino Di Matteo? O forse al pm Vittorio Teresi?
"Non mi piacciono i magistrati che non si accontentano di fare bene il loro lavoro – ha detto – ma si propongono di redimere il mondo. Quei magistrati (pochissimi per fortuna) che sono convinti che la spada della Giustizia sia sempre senza fodero, pronta a colpire o a raddrizzare le schiene. Dicono di essere impegnati ad applicare solo legge senza guardare in faccia a nessuno, ma intanto parlano molto di sé e del loro operato, anche fuori dalle aule giudiziarie, esponendosi mediaticamente senza rendersi conto che per dimostrare quell'imparzialità, che è la sola nostra divisa, non bastano frasi ad effetto, intrise di retorica all'acqua di rose. Certe debolezze non rendono affatto il magistrato più umano. I giudici oltre che essere imparziali, devono anche apparire imparziali. Solidali con chi ha ricevuto le minacce ma non per queste minacce abbasseremo il capo, ma continueremo il nostro lavoro seguendo il giuramento che abbiamo fatto".
Il consigliere del Csm Roberto Rossi ha invece puntato sulla necessità di non delegittimare i magistrati: "Ringraziamo i magistrati per il lavoro che svolgono – ha detto – soprattutto ai più giovani che negli utlimi vent'anni hanno lavorato per la ricerca della verità. Grazie ai cittadini. La magistratura è minacciata perché sta facendo bene il so lavoro. La migliore tutela dei magistrati è la loro legittimazione. Non bisogna delegittimarli per evitare che si perda fiducia. Fiducia – ha continuato – non vuol dire consenso, perchè un pm potrà agire in modo ritenuto magari inconsueto, ma non va delegittimato".
Il procuratore generale Roberto Scarpinato, ha fatto un discorso apparso certamente più "diplomatico" rispetto a quello del giorno del suo insediamento lo scorso aprile o ad altri più recenti.
Ha parlato di un profondo sconvolgimento sociale, e di trasformazioni che impongono una rivisitazione delle analisi di contesto. Della legge anticorruzione che vede come "Palliativo, per mancanza di volontà politica". Il procuratore Scarpinato ha poi analizzato il fenomeno della crescente disoccupazione nella nostra terra e la perdita di circa 50 mila posti di lavoro negli ultimi 3 anni, evidenziando con forza che legalità e sviluppo vanno di pari passo e il loro rapporto è conseguenza di disoccupazione, precariato, del "ribellismo sociale che si declina in guerriglia urbana:
"Sulla brace della disillusione – ha detto – soffiano i venti della criminalità organizzata". Si quella disillusione che porta alla demotivazione i cittadini, come quelli che denunciano il pizzo e poi "vedono i loro aguzzini tornare di nuovo sul territorio e ancora più arroganti di prima" e non è mancato infatti la critica al decreto svuota carceri: "Appare incomprensibile la scelta operata nel recente decreto legge cosiddetto svuota carceri, di aggravare ancor di più la situazione estendendo anche agli esponenti della criminalità organizzata l'innalzamento da 45 a 75 giorni dello sconto di pena previsto per la liberazione anticipata a far data dal 2010".
"Altra grave forma di criminalità organizzata - ha poi aggiunto il procuratore generale – è la corruzione. Le indagini condotte dalla procura di Palermo e altri distretti, hanno posto in evidenza come ci si trovi dinanzi all'operare di una rete criminale estesa di colletti bianchi , coperta dall'omertà, omertà che è pari alla corruzione stessa".
Infine Scarpinato ha toccato il tasto dolente, argomento che affronta ogni volta che può "Occorre prendere atto che la Magistratura ha strumenti di contrasto assolutamente inadeguati".
E di sistema di tutela dei diritti e di quanto sta (invece) accadendo, ha parlato il presidente dell'Ordine degli avvocati di Palermo Francesco Greco che ha chiesto le dimissioni del ministro Cancellieri additandola come responsabile del disastro e colpevole proprio del "disegno diretto a privare i cittadini della sistema di tutela dei diritti, in violazione dell'art. 24 ". Provocando la reazione del rappresentante del Ministro che durante l'intervento di Greco, é uscita dall'aula.
"Quello trascorso, il 2013 – ha detto – doveva essere un anno lieto per l'Avvocatura Italiana, un anno in cui, dopo anni, decenni di attesa, era entrata in vigore la nuova legge sull'ordinamento forense che secondo gli intenti e le premesse che ne avevano preceduto l'approvazione, avrebbe dovuto costituire una grande occasione di rilancio per gli Avvocati italiani, afflitti da una crisi voluta, provocata ed indotta dalle scelte scellerate adottate dal Governo e dal Parlamento. Scelte rivolte a scardinare il sistema di tutela dei diritti dei cittadini italiani, attraverso la mortificazione del diritto di difesa e del ruolo dell'avvocato nel processo, per la finalità di sacrificare il sistema di tutela dei diritti a beneficio dei poteri forti.
Solo nelle democrazie incompiute prevale la forza sul diritto. Solo nei regimi il tiranno impedisce ai cittadini di accedere alla giustizia, perché impone la propria.
In Turchia gli avvocati sono stati tratti in arresto perché scesi in piazza a fianco dei manifestanti che reclamavano la libertà.
In Italia - ha aggiunto - si è intrapreso un percorso abominevole, che introduce qualcosa di ancora più subdolo nell'accesso alla Giustizia, subdolo perché introdotto in modo surrettizio, persino indicandolo come un rimedio ai mali della Giustizia.
Un percorso destinato ad aumentare le distanze tra i ricchi ed i poveri, tra i potenti ed i deboli, tra le lobby ed i cittadini. Un percorso che innalza in modo insopportabile i costi per l'accesso alla giustizia, introducendo un sistema di tutela dei diritti basato sul censo, in cui chi ha i mezzi può chiedere tutela dei suoi diritti, e chi non li ha ne rimane tagliato fuori.
Il Parlamento italiano nel 2013 ha approvato il documento di programmazione economica predisposto dal Governo (da me acquisito presso la Commissione Giustizia del Senato), dove si legge che per deflazionare il sistema giudiziario si sono raddoppiati gli importi del contributo unificato.
Non si ha notizia di altre nazioni europee (se non del mondo) dove il Parlamento abbia approvato documenti analoghi".
Poi è tornato a parlare di mediazione obbligatoria "lo ricordo al rappresentante del Ministro, perché a sua volta lo ricordi al guardasigilli, che: Tutti devono poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento ed inoltre che devono essere assicurati ai non abbienti con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione
Ci hanno detto – mentendo – che la mediazione obbligatoria a pagamento esiste negli altri stati europei e che la sua introduzione veniva richiesta dall'Unione Europea.
Addirittura, ieri il Ministro della Giustizia, nel corso del suo intervento all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione, innanzi al Capo dello Stato, ha detto che l'Unione Europea ha espresso apprezzamento sulla disciplina italiana della mediazione civile.
Non è vero, dia le prove di ciò che dice: magari l'avrà detto qualche interessato compiacente in qualche convegno, forse proprio in quello organizzato dal prof. De Palo alla Camera dei deputati giovedì scorso, alla presenza sorridente del Ministro Cancellieri, lo stesso prof. De Palo che è socio di ADR Center di Roma e Milano, con sedi in tutta Italia. E cosa poteva dire il prof. De Palo, forse che la mediazione non va bene ?"
"Chiediamo - ha concluso Greco - ai vertici della magistratura ed in particolare alla Corte di Cassazione di abbandonare la strada intrapresa, diretta a privare i cittadini del pieno accesso alla tutela dei diritti, introducendo motivi di inammissibilità del ricorso per cassazione che non sono previsti nel codice di rito e così, di fatto, sostituendosi al legislatore".
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