Una storia squallida, fatta di degrado morale e culturale, di un senso della famiglia deviato. Di abusi, omertà, paura, minacce. Dove chi cerca di stare dalla parte della verità e della giustizia, viene perseguitato.
Una storia conclusa, in parte, ieri, con l'esecuzione di una condanna, divenuta definitiva, nei confronti del capofamiglia, a nove anni di distanza dall'inizio del processo a suo carico, per abusi sessuali su un minore.
Siamo nel cuore dello Zen2. Ieri mattina, gli altri componenti del nucleo familiare, a seguito dell'intervento dellle forze dell'ordine giunte nell'abitazione di via Rocky Marciano per prelevare l'uomo e portarlo in carcere per scontare la pena di 6 anni ed 1 mese, si sono scagliati violentemente contro chi lo ha accusato.
Nel corso degli anni infatti, nonostante la colpevolezza dell'uomo, si è creato un verio e proprio "Clan" a sua difesa. Uno scudo nei suoi confronti.
E' stato necessario un intervento massiccio della polizia e della Mobile per sedare gli animi, con un bilancio di 6 persone finite agli arresti domiciliari, per i reati di stalking, violazione di domicilio aggravata dalla violenze sulle cose, danneggiamento aggravato, violenza e minaccia per costringere a commettere un reato oltre ad altri 5 soggetti denunciati a piede libero.
Le minacce sono state rivolte in particolare ad un nucleo familiare di cui fa parte una donna, la cui testimonianza nel procedimento penale per violenza sessuale, è stata ritenuta cruciale ai fini della condanna dell'uomo.
Stesso trattamento è toccato ad ad una delle figlie del condannato, residente anche lei allo Zen 2 ma in altra abitazione, che ha testimoniato contro il padre e per questo ritenuta da sorelle e cognati, responsabile della condanna dell'uomo.
All'arresto dell'uomo, la donna che aveva testimoniato contro, temendo per la sua incolumità e per quella del suo nucleo familiare, si è recata in Commissariato, manifestando la sua intenzione di recedere dalle accuse, così come le era stato intimato nel corso degli anni, ma successivamente ha deciso di raccontare ai poliziotti del suo calvario.
Il calvario che ancora oggi, in quartieri come lo Zen2, chi decide di stare dalla parte degli onesti e della giustizia, deve subire.
"Se non ritiri la denuncia, dallo Zen ve ne potete andare, perché vi occuperemo la casa e vi renderemo la vita impossibile", era questo che le hanno detto per anni i familiari del 64 enne arrestato. Minacce pesanti, accompagnate da intimidazioni attraverso l'uso d spranghe ed armi che hanno gettato la vittima ed i parenti conviventi in uno stato di angoscia e sconforto.
In tutti i modi e con ogni tipo di pressione psicologica, hanno tentato dunque di farle cambiare la versione fornita, presentandole addirittura una dichiarazione già precompilata di ritrattazione delle precedenti accuse. Ma la donna si rifiutò di firmarla.
Ieri, a seguito dell'arresto, gli avvertimenti sono diventati concreti. La furia di chi l'aveva minacciata si è scatenata. La donna appresa la notizia della condanna definitiva, si era "riifugiata" al commissariato e approfittando della sua assenza, alcuni familiari dell'uomo, si sono introdotti nella sua casa, distruggendo tutto quello che avevano a tiro. I danni strutturali infatti sono gravi così come quelli agli arredi.
Infine, una coppia di coniugi, estranei apparentemente, le ha occupato abusivamente l'alloggio. Era infatti questa una delle minacce.
Nei confronti degli arrestati, quattro congiunti del condannato e la coppia di coniugi che ha occupato abusivamente l'alloggio, tutti sottoposti agli arresti domiciliari, è stata disposta anche il divieto di comunicazione con persone diverse da quelle con loro conviventi.
L'epilogo per le vittime che hanno denunciato, è una delle parti più amare: sono infatti state accompagnate dai poliziotti in una località diversa, da loro stessi indicata, dove poter vivere in condizioni di massima sicurezza.
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