Si svolgerà oggi pomeriggio la manifestazione palermitana a sostegno dei magistrati che indagano sulla trattativa Stato-mafia, da tempo pesantemente minacciati da Cosa Nostra. Il concentramento è previsto alle 16,30 a piazza Politeama per formare un corteo che raggiungerà il Palazzo di Giustizia. L'appello è: mobilitiamoci. Analoghe iniziative sono previste in molte città. Tantissime le adesioni, singoli cittadini, associazioni, sindacati, partiti. Ci si attende un'altra prova di grande partecipazione, la stessa registrata il 18 novembre scorso quando almeno duemila persone scesero in piazza all'indomani dei messaggi di morte di Totò Riina, intercettati durante un colloquio con un detenuto all'interno del carcere di Opera dove il boss corleonese è rinchiuso, indirizzati al pm Nino Di Matteo. Un vero e proprio ordine di uccidere, incredibilmente giunto all'esterno. Messaggi di morte, è questa la forte preoccupazione, dietro cui potrebbe nascondersi una strategia oscura e raffinata che vede coinvolti altri soggetti esterni alla mafia e che impone un'attenzione alta da parte dei cittadini onesti. Ha lasciato senza parole, accrescendo la preoccupazione, il fatto che Di Matteo non si sia potuto recare a Milano per seguire alcune udienze del processo sulla trattativa per ragioni di sicurezza. Quasi una stupefacente resa dello Stato. Sconcerta in proposito il silenzio di molti esponenti delle istituzioni che, nella migliore delle ipotesi, si sono limitati a generici e sbrigativi atti di solidarietà. Si respira aria di isolamento e ciò non lo si può permettere in una città che ha vissuto da vicino la terribile stagione delle stragi. L'unica buona nuova di queste ore è la richiesta di archiviazione formulata dal Pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, riguardante il procedimento disciplinare a carico di Di Matteo. Un procedimento pendente da quindici mesi presso il Csm, l'organo di autogoverno della magistratura, per l'accusa rivolta al pm palermitano di rivelazione di segreti d'ufficio. Il riferimento è alle telefonate intercorse tra Napolitano e Mancino. La Procura Generale della Cassazione ha appurato che la notizia delle telefonate era già stata resa pubblica da giornali online e da Panorama, quindi il fatto non sussiste, nessuna rivelazione di segreti d'ufficio. Meglio così, mettere insieme minacce di morte e procedimento disciplinare sarebbe stato un plateale, triste ed inaccettabile paradosso.
Pippo Russo