Un nuovo durissimo colpo è stato inferto a Cosa nostra, e ai suoi affari legati al settore della cantieristica navale tra Palermo, la Liguria e il Veneto.
La Direzione Investigativa Antimafia di Palermo è riuscita infatti a disarticolare un'associazione a delinquere facente capo alla cosca mafiosa dei quartieri palermitani Acquasanta-Arenella. In manette con l'accusa di associazione mafiosa sono finiti sei palermitani, tra cui una donna: Vito Galatolo, Giuseppe Corradengo, Rosalia Viola, Domenico Passarello, Vincenzo Procida e Rosario Viola.
C'è anche un'altra donna coinvolta nella vicenda, Maria Concetta Matassa moglie del boss Galatolo, che però non è stata raggiunta dal provvedimento e dunque non andrà in carecere perchè incinta. Le due donne, la Matassa e Rosalia Viola, moglie di Corradengo, hanno avuto un ruolo fondamentale nella gestione dell'attività criminosa; in quanto il mezzo di comunicazione tra i due uomini, Galatolo già detenuto presso il carecere Pagliarelli e Corradegno, evitando così gli ioncontri n carecre che avrebbero potuto destare siostetti. Du edonne molto astute secondo gli inquirenti, infatti le due donne evitavano anche di comunicare utilizzando il telefono cellulare e preferivano discutere de visu dei loro affari.
L'ordinanza è stata emessa dal gip Piergiorgio Morosini, che ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Vittorio Teresi e del pm Pierangelo Padova.
Il provvedimento, che dispone anche il sequestro dell'intero complesso aziendale delle società "Nuova Navalcoibent srl", con sede in La Spezia, "Eurocoibenti srl" e "Savemar srl", entrambe con sede in Palermo, è il frutto di lunghe ed articolate indagini condotte dal personale del Centro Operativo di Palermo e di Genova in materia di infiltrazioni mafiose nel settore della cantieristica navale. Servizi di intercettazione telefonica, ambientale e telematica, di osservazione e pedinamento, corroborati anche dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori e testimoni di giustizia, pienamente confermate dai successivi riscontri, hanno consentito di dimostrare come alcune imprese, fondate con capitali mafiosi e rette da soggetti vicini alle cosche, si erano allontanate dalla Sicilia e si erano stabilite ed affermate in Liguria e nei principali porti dell'Adriatico. Interi settori delle lavorazioni navali erano, pertanto, gestiti in regime di quasi monopolio, da imprese che riuscivano a riciclare ingenti capitali di origine illecita e che realizzavano enormi guadagni.
Alcuni esponenti di assoluto rilievo della "famiglia mafiosa" Galatolo-Fontana, un vero e proprio "asse portante" della famiglia dell'Acquasanta e del relativo mandamento di Resuttana, si sono serviti della collaborazione di alcune persone esterne all'associazione, ben disposte ad intraprendere brillanti carriere imprenditoriali e ad investire ingenti risorse finanziare di provenienza illecita per costituire o comunque finanziere numerose società attive nell'ambito di diversi cantieri navali italiani.
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