Analizzare l'intervista ad Angelo Provenzano, figlio del boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano, andata in onda ieri sul programma Servizio Pubblico è quello che vogliamo fare con voi. La nostra posizione la esprimiamo in poche righe, cercando un confronto, come sempre, con chi ci legge. Partiamo intanto dalla convinzione che questa intervista non doveva essere realizzata. Che 12 minuti di "servizio pubblico" dedicati al figlio di un boss mafioso che è accusato di essere dietro tutte le stragi di mafia che hanno insanguinato l'Italia, siano più che discutibili, se per altro il risultato dell'intervista, in soldoni risulta essere un chiaro messaggio di parte lanciato dal figlio Angelo, un appello a prendersi cura di suo padre, non entrando mai nello specifico di quanto ha fatto, del male che ha fatto. E se ha sfiorato l'argomento lo ha comunque difeso o ha parlato di "verità processuali". Dodici minuti di appello, in cui più di una volta, si ha la sensazione che Angelo Provenzano, abbia lanciato un messaggio all'esterno. Crediamo inoltre che le parole alla fine dell'intervista di Angelo Provenzano, sappiano tanto di minaccia. La giornalista ricorda che un'eventuale perizia che dimostri lo stato di malattia del padre, comporterebbe l'immediata sospensione di tutti i processi e una violenta reazione dell'opinione pubblica. La giornalista chiede "Ha pensato a quale potrebbe essere il contraccolpo?". Il figlio del boss risponde "Se è così scomodo, qualcuno abbia il coraggio di istituire la pena di morte, anche ad personam, ma chi lo fa deve assumersene anche la responsabilità. Violenza genera violenza, quindi che cosa dobbiamo fare?Ci accaniamo?".
A noi pare proprio una minaccia. E tutto ciò è assai disdicevole. Ma magari è solo una nostra impressione...