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Nessuna notizia del palermitano rapito. E se contattate l'ambasciata italiana in Pakistan...parlano solo in inglese

Sono passati 85 giorni da quando Giovanni Lo Porto, palermitano di 35 anni, cooperante per la Ong tedesca Welthungerhilfe (Aiuto alla fame nel mondo), è stato rapito in Pakistan. Era il 19 gennaio e da allora non si hanno più sue notizie. Oggi è stato liberato Paolo Bosusco, la guida di trekking rapita lo scorso 14 marzo dai guerriglieri maoisti dell'Orissa, con il medico missionario Claudio Colangelo, liberato il 24 marzo ed è legittimo chiedersi quali siano gli sviluppi sul rapimento di Giovanni, o meglio Giancarlo come lo chiamano gli amici. Dalla Farnesina nessuna notizia nuova rispetto a quanto detto nei mesi scorsi "come in altri casi, ci atterremo a una linea di massimo riserbo. L'Unità di Crisi del ministero degli Esteri ha attivato tutti i canali utili per seguire da vicino la vicenda e promuoverne la positiva soluzione". Ma dopo tre mesi di silenzio noi vogliamo ricordare che c'è un giovane palermitano, rapito, di cui non si sa più nulla.

E vogliamo anche sottolineare un altro dato, riscontrato nel tentativo di avere notizie sulle sorti di Giancarlo: le difficoltà che un cittadino italiano ha nel mettersi in contatto con l'ambasciata italiana in Pakistan e con il consolato che dovrebbe assicurare "a tutti i connazionali la tutela in caso di violazione dei loro diritti, o in caso di limitazione o privazione della libertà personale. Inoltre, nei casi di emergenza, assicura l'assistenza per la ricerca di familiari, per le pratiche di successione aperte all'estero e per i rimpatri". Più che difficoltà potremmo parlare di impossibilità a meno che non si abbia un'inglese fluente e una comprensione della lingua più che discreta. Già, perché contrariamente a come ci si aspetterebbe trattandosi di consolato/ambasciata italiana, è probabile (come verificatosi stamattina) che negli uffici nessuno sappia parlare l'italiano o che gli uffici siano chiusi (8,30/16 orario dal lunedi al giovedi e il venerdi 8,30/ 14) e che il numero indicato per le "emergenze" sia impossibile da contattare.

Piccolo inciso, ma importante pensiamo, nell'eventualità di un' urgenza, della necessità di avere un contatto "diplomatico" in un paese straniero. Un "servizio" di cui ogni cittadino dovrebbe potere usufruire, in qualunque momento a garanzia di sicurezza che, invece, stando a quanto da noi riscontrato, non è assicurata 24 ore su 24. E risulta alquanto anomalo che stamattina non ci fosse personale che sapesse parlare l'italiano, in servizio.

Ricordiamo che con Giancarlo è stato rapito un altro cooperante olandese, Bernd Johannes di 45 anni. I due si trovavano a Multan, nella provincia centro-occidentale del Punjab, e stavano partecipando ad un progetto che prevedeva la costruzione di alloggi per famiglie rimaste senza casa a causa di una violenta alluvione avvenuto lo scorso anno. L'Organizzazione tedesca infatti si occupa di interventi nei paesi alluvionati.

L'unica rivendicazione è arrivata da un presunto comando militare talebano (Tehrik-e-Taliban Pakistan) nulla di fondato né quindi confermato, e che invece ha solo confuso ancora di più le acque. Sarebbe nelle mani del gruppo talebano Tehrik-e-Taliban Pakistan.Secondo alcuni testimoni oculari pare che quattro uomini mascherati abbiano fatto irruzione nella sede della Ong a Multan e puntando contro di loro una pistola li avrebbero portato via facendoli salire su un'automobile. Secondo quanto dichiarato da Omar Farooq, un ufficiale della polizia locale, sembra che i due cooperanti fossero tenuti sotto controllo da tempo "I rapitori – ha detto –hanno legato l'unico agente di sicurezza che proteggeva l'edificio e poi sono andati dritti nella camere dove si trovavano l'italiano e il tedesco".

Attendiamo notizie di Giancarlo e ci stringiamo attorno alla famiglia e agli amici.

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