Buona la prima. Anzi, ottima. L'elisir d'amore, opera comica di Gaetano Donizetti, va in scena al teatro Massimo di Palermo e subito riscuote i favori della critica e di buona parte del pubblico. Prima della rappresentazione, l'ennesimo appello pubblico degli orchestrali e di coloro i quali sono sopravvissuti alla scure dei tagli che da dieci anni colpisce l'organizzazione della fondazione Teatro Massimo. Questa volta ad ascoltare l'appello era presente anche il neosindaco Leoluca Orlando, che per funzione istituzionale è anche il presidente della Fondazione. Sembra che questa volta le rimostranze espresse dai rappresentanti degli operatori teatrali abbiano avuto un attento ascolto da chi di dovere e che la direzione artistica sarà presto chiamata a spiegare la strategia finora avviata. Ma andiamo alla rappresentazione. Colpisce immediatamente l'allestimento proveniente dal Palau de les Arts di Valencia, riproposta dal regista del momento Damiano Michieletto con un'ambientazione balneare e moderna, tra chioschetto da spiaggia, computer portatili e cellulari in mano agli attori. All'inizio i più conservatori tra gli spettatori hanno accolto freddamente la trasposizione temporale, ma alla fine la maggior parte di loro si è "ammorbidita" lasciandosi rapire dalle voci sublimi dei due protagonisti, Desiré Rancatore (Adina) e Celso Albelo (Nemorino), che hanno interpretato in modo accattivante e coinvolgente il ruolo. Da brividi l'interpretazione del tenore di "Una furtiva lagrima", famosissima romanza del repertorio lirico italiano. Soave e armoniosa, ma anche ricca di fibra, la voce della palermitana Rancatore che ha strappato applausi a scena aperta più volte. Il feeling tra i due protagonisti è evidente, soprattutto nel secondo atto, durante il quale si lasceranno andare in divertenti note di colore, fuori dal compassato testo. Notevole anche Paolo Bordogna che, nel ruolo di un Dulcamara dei giorni nostri, furbo spacciatore di sostanze proibite tra bagnanti ignari e creduloni, raccoglie consensi tra il pubblico divertito. All'altezza, ma non da alzarsi in piedi per gli applausi, Mario Cassi che ha interpretato Belcore. Una rappresentazione sicuramente da vedere e da far vedere, soprattutto a quanti più giovani possibile, affinché possano capire come quello che un tempo era concepito in un preciso periodo storico, possa di fatto essere trasposto al mondo moderno, con strumenti diversi, ma con uguali emozioni. Una rappresentazione talentuosa che potrebbe fare scuola, nel vero senso del termine. Un plauso particolare al regista Damiano Michieletto . Un modo nuovo per fare Opera e per coinvolgere un pubblico che negli ultimi anni ha la tendenza a dirigersi altrove.
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