Prima le minacce di Totò Riina rivolte al pm Nino Di Matteo che, insieme al procuratore aggiunto Vittorio Teresi e ai sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, nei confronti dei quali parimenti alta è l'allerta per possibili attentati, lavora alla delicata indagine sulla trattativa Stato-mafia. Ora le minacce al procuratore aggiunto Teresa Principato impegnata, con i sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella, nel coordinamento dell'attività di ricerca e cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro che, evidentemente, sente stringere il cerchio intorno a sè. Ma il susseguirsi delle minacce ritenute molto serie riguarda anche altri magistrati come lo stesso Francesco Del Bene che sta indagando sui clan di Sanlorenzo e della Noce, indagini parecchio indigeste per alcuni boss mafiosi, e il sostituto procuratore Laura Vaccaro che, addirittura, ha trovato una lettera intimidatoria fra le carte di un fascicolo. Insomma, un elevato livello d'allarme attraversa le procure di Palermo, Trapani e Caltanissetta, tutte in prima linea in delicatissime inchieste su mafia e rapporti tra la criminalità organizzata e pezzi delle istituzioni. E mentre la risposta dello Stato appare inadeguata forte si sta rivelando, invece, la mobilitazione della società cosiddetta civile, termine che non ho mai gradito particolarmente, la quale non intende affatto rivivere la tragica stagione delle stragi del 1992 con le morti atroci di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino e delle loro scorte. Lo Stato sembra lumacare nell'adozione dei provvedimenti che si appalesano urgenti e necessari, come il rafforzamento del parco auto blindate, ridotto al lumicino e con automezzi vecchi e fatiscenti, l'eliminazione di tagli irresponsabili ai servizi di scorta e di indagine e agli straordinari e, in alcuni casi, il ricorso all'uso di sofisticati congegni progettati per individuare a distanza la presenza di esplosivi. Al contrario, associazioni, movimenti e singoli cittadini non ci stanno ad attendere supinamente che la mafia porti a compimento i suoi disegni criminosi di morte e si autodeterminano nell'organizzare una rete nazionale antimafia e una scorta civica dinanzi al Palazzo di Giustizia di Palermo. Si, una scorta civica, un gazebo nel quale si alterneranno le diverse associazioni che hanno aderito all'iniziativa per lanciare un chiaro messaggio di attenzione, da un lato alle istituzioni, dall'altro alla società tutta. Ovviamente al presidio possono contribuire tutti coloro che lo desiderano. Si parte il 20 gennaio. Ogni giorno dalle 9 alle 11 ci sarà qualcuno a mostrare, figurativamente, l'agenda rossa di Borsellino, simbolo delle lentezze, delle ambiguità e delle collusioni di alcuni settori dello Stato e delle istituzioni, politiche e non, nella lotta a Cosa Nostra.
Pippo Russo