Fatta la sentenza, bisogna applicarla. Sì, ma come? La Corte costituzionale due giorni fa ha deciso che le intercettazioni delle telefonate tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l'ex ministro Nicola Mancino - nell'ambito delle indagini sulla presunta trattativa Stato-mafia - debbano essere distrutte, ma per le motivazioni bisogna attendere fino a gennaio. E nel frattempo? Se la Consulta ha messo un punto al conflitto d'attribuzione tra il Quirinale e la Procura di Palermo, quest'ultima si trova ora in ambasce, nel senso più pratico del termine.
L'inizio dell'iter che porterà alla distruzione materiale delle bobine su cui sono stampate le intercettazioni in questione deve essere immediata, o deve avvenire una volta letto il dispositivo della sentenza, con istruzioni annesse? Intanto Francesco Messineo, a capo della Procura palermitana, ammette che si sta "cercando di risolvere un problema che ora è tutto giuridico e che riguarda la eventuale valenza esecutiva del comunicato emesso dalla Consulta". "Qualora dovessimo accertare che il comunicato è immediatamente esecutivo, dovremmo attivare la procedura subito e mandare tutto al gip – spiega il procuratore - Non si tratta di una situazione comune, quindi vanno cercati eventuali precedenti''. Per capire meglio i termini della questione, i pm palermitani stanno facendo comunque un giro di consultazioni con alcuni costituzionalisti.
Sempre in tema di intercettazioni, le cronache odierne parlano di un'indagine aperta dalla Procura di Caltanissetta sulla scorta della trasmissione di alcune telefonate intercorse l'estate scorsa tra lo stesso Messineo e un ex manager bancario; quest'ultimo avrebbe chiesto al procuratore notizie riguardo un procedimento penale in corso, da qui l'eventuale configurazione di una fuga di notizie. A tale proposito, però, Messineo dichiara di non avere "alcuna informazione dell'inchiesta di Caltanissetta", e di attendere in caso "eventuali sviluppi".