Con l'ultimo cafè celebrato nello storico Bar Mazzara nel cuore di Palermo, bar che chiuderà definitivamente mercoledì, nella nostra città si continua a celebrare una lenta e inesorabile fine.
Palermo sta morendo, è già in agonia. La crisi, quella vera e profonda che, forse nella nostra città si è manifestata qualche anno dopo rispetto ad altre parti d'Italia, non da più scampo. Ormai le chiusure non si contano più, negozi storici e più recenti che abbassano definitivamente le proprie saracinesche. Dall'inizio dell'anno sono oltre 500 i dipendenti di piccole e medie realtà commerciali che hanno perso il lavoro e oltre 8.000 ormai i cassa integrati. Secondo dati sindacali, le aziende che fanno richiesta di mobilità per i propri dipendenti sono cinque al giorno. Una marcia lenta ma inesorabile, che non risparmia più nessuno. Il gruppo Randazzo ha annunciato il possibile licenziamento di 40 dipendenti, così come la Ksm che ha definito in circa 50 unità i propri esuberi. A questi si aggiungono le chiusure più eclatanti come il Gruppo Migliore che ha lasciato a casa 160 dipendenti, lo stesso Bar Mazzara 32, la sala Bingo Las Vegas 37,e centinaia di altri che non ce l'hanno fatta. Una situazione terrificante che ogni giorno allunga la propria stele. Ma colpe o non colpe, crisi o non crisi, qualcuno si è davvero domandato quali saranno le conseguenze sociali di tutto ciò? Dove finiranno le famiglie delle migliaia di lavoratori che hanno perso il proprio sostentamento, come farà tutta questa gente... per non parlare dell'effetto domino, meno lavoratori, meno consumi, più chiusure e meno indotto. Non è da trascurare che ogni negozio od azienda oltre i propri dipendenti, da da vivere a avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro. Il nostro sistema economico è fallito e la cosa più preoccupante e che si continua a provare a trovare soluzioni di restaurazione, a mettere toppe in un vestito ormai logoro, non vi è nessuno che stia provando a creare le condizioni per generarne uno nuovo, alternativo, capace di guardare alle nuove forme del mercato, senza perdere altro prezioso tempo. Tempo che nessuno ci restituirà, come molto probabilmente nessuno potrà restituire la dignità del lavoro a tutti coloro che oggi lo stanno perdendo.