Fosse per gli elettori siciliani del centrosinistra che hanno partecipato alle primarie di ieri, Pierluigi Bersani sarebbe già il loro candidato premier alle prossime elezioni politiche. Il segretario del Pd, infatti, nell'Isola ha raccolto più del cinquanta per cento dei voti, quasi doppiando Matteo Renzi, che ha sfiorato la quota del trenta per cento. Un successo che ha i contorni del plebiscito, anche se poi a livello nazionale il duello finirà col ballottaggio di domenica prossima.
Eppure il dato uscito dai gazebo montati in Sicilia ha un peso specifico considerevole nell'economia delle dinamiche interne al Partito democratico, considerato il fatto che proprio qui, non più di un mese fa, il Pd ha conseguito una vittoria per molti versi storica portando alla presidenza della Regione Rosario Crocetta. Sempre tenendo in conto che in quell'occasione l'apporto dell'Udc alla coalizione è stato decisivo. Ma è proprio questo il punto: l'elettorato democratico non ha sconfessato la classe dirigente, nella quasi totalità bersaniana, che ha scelto di allearsi in ultimo con il partito che in Sicilia fu di Cuffaro, e che poco prima era andata sotto braccio con Raffaele Lombardo, fino a formare assieme all'ex presidente una maggioranza di governo.
In molti, soprattutto dalle pagine cartacee o virtuali dei giornali, hanno in questi mesi giudicato "mortale" l'abbraccio del Pd all'Mpa e poi all'Udc. Se così è stato, nei fatti non si è visto. L'opposizione interna al Pd siciliano, l'ala più oltranzista verso la rotta governativa intrapresa dal partito con manovre non proprio ortodosse, ha avuto più di un'occasione per fare contare i propri numeri, senza mai sfondare. Già le primarie per scegliere il candidato sindaco di Palermo furono il primo banco di prova per i renziani, ma non risultarono vittoriose. Lo stesso copione si sta delineando pure per queste ultime consultazioni interne, dopo che la base siciliana del Pd ha confermato la propria fedeltà alla linea in occasione delle regionali.