Nuovo capitolo della querelle tra Regione Siciliana e Ordine dei giornalisti per la chiusura, di fatto, dell'ufficio stampa della presidenza di Palazzo d'Orleans.
Il presidente dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia Riccardo Arena e il segretario regionale dell'Associazione della Stampa Alberto Cicero, sono stati sentiti in Procura.
L'audizione, per oltre due ore e mezza, nell'ambito dell'inchiesta sullo smantellamento dell'Ufficio stampa della presidenza della Regione Siciliana e sulla sostituzione dei giornalisti da parte dello stesso governatore, Rosario Crocetta, degli assessori della sua giunta e di burocrati dell'amministrazione regionale, non iscritti all'Ordine professionale.
Sono loro, infatti, in assenza degli addetti stampa, a curare da dicembre scorso l'informazione istituzionale e i rapporti con i mass media, a convocare le conferenze stampa e a firmare i comunicati ufficiali dell'amministrazione regionale.
Ed è per questo che l'Ordine ha presentato un esposto, segnalando il presunto esercizio abusivo della professione di giornalista.
L'indagine, per adesso senza indagati, è coordinata dai sostituti procuratori Alessandro Picchi e Daniela Randolo. I due pm, delegati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, hanno acquisito da Arena e Cicero, sentiti come testimoni, una serie di informazioni utili per la prosecuzione dell'indagine e hanno chiesto la consegna di ulteriori documenti.
Il segretario dell'Assostampa e il presidente dell'Ordine, nel commentare la loro audizione, sottolineano che "è in gioco la trasparenza della pubblica amministrazione, dato che il 'modello Crocetta' si sta trasferendo negli enti locali, desiderosi, più che di risparmiare su costi certo non esorbitanti (quelli previsti per i giornalisti), di gestire in proprio e senza intermediari professionali l'informazione istituzionale. Non possiamo consentire - concludono Cicero e Arena - che, in barba alla legalità, tanto cara a Crocetta e al suo governo, i politici o impiegati privi di qualsiasi qualificazione professionale e non iscritti ai nostri albi facciano illegalmente il lavoro dei giornalisti, men che meno in un periodo in cui una crisi senza precedenti colpisce pesantemente la nostra categoria, penalizzata da disoccupazione, precariato a vita, compensi ridottissimi, esuberi, tagli degli organici e prepensionamenti".