Arrivata alle 20 al Castello a Mare dove alle 21,30 si esibirà (nell'ambito della rassegna Porto D'Arte), James Morrison. Unica tappa, quella di Palermo, per la Sicilia. Vado non per lavorare e quindi senza accredito giornalistico, ma con biglietto comprato due mesi prima, sul quale c'è scritto a chiare lettere: ore 21,30, posto unico in piedi 39,50 euro.
Posto unico in piedi che vuol dire in modo spicciolo che "chi prima arriva meglio alloggia", che non ci sono posti a sedere perché il biglietto è unico e uguale per tutti e quindi come accade nei migliori concerti (nel mondo) c'è la fatidica corsa (se sei un fan sfegatato soprattutto) per accaparrarsi la transenna, a pochi metri dal palco nonostante il caldo, il sudore, il senso di costrizione che poi con le prime note musicali passerà, lo sai già.
E invece ecco che staccato il biglietto all'ingresso e pronti alla corsa, troviamo centinaia di sedie e i componenti dello staff che ti dicono di sederti dove trovi posto e che non puoi stare in piedi davanti al palco. Già qui c'è qualcosa che non va, perché il posto in piedi intanto prevede che ci sia il "parterre" libero e dunque che il primo che arriva si accaparri il posto migliore. Funziona così ai Concerti. Da che mondo è mondo.
Partiamo dal principio base che non si trattasse di un concerto di musica classica, di un balletto né tanto meno di uno spettacolo teatrale, dov' è giusto e legittimo che si stia seduti, ma di un concerto rock/blues e un tantino pop per un target di giovani in primis, che hanno voglia di ballare, cantare, urlare e divertirsi. E a dirlo non sono di certo io, ma le classifiche radiofoniche e tutti i concerti tenuti fin ora da quest'artista che hanno coinvolto migliaia di persone (basta fare un giro su google e vedere foto e video dei concerti. Di sedie nemmeno l'ombra).
La convinzione che Palermo in questo sia diversa dal resto de mondo, da dove nasce? Perché qui i fan dovrebbero voler vedere James Morrison (nel caso specifico, ma non è la prima volta che accade) seduti su una sedia? E soprattutto voler stare seduti (dove c'è posto) se il biglietto è per tutt'altro e lo hanno comprato per quello? (Su quest'ultima domanda, torniamo dopo).
Concerti quindi che attirano un certo target e com' è sempre stato escludono "darwinianamente" ( e lo dico senza discriminazione alcuna ma oggettivamente) gente di una certa età che di saltare e urlare non ha magari voglia, famiglie con bambini piccoli e tutti quelli che non sono proprio dei fan e che quindi non hanno alcun interesse a stare sotto al palco o comunque in piedi tra la bolgia che salta.
Insomma, signore e signori, il concerto, ci siamo forse dimenticato cos'è? E mi rivolgo anche ai meno giovani: ma i vostri idoli in concerto, li vedevate seduti su una sedia?
Il ragionamento dovrebbe essere inverso: il concerto è in piedi perchè il cantanete in questione è per un target giovane; se si ha comunque il piacere di andare ad ascoltarlo ci si dovrà adattare al tipo di evento. Invece a Palermo succede il contrario. I giovani devono adattarsi nonostante questa sia musica per loro. Nonostante questi siano eventi per loro. E allora forse dovrebbe essere chi gestisce la rassegna e il Castello a Mare che dovrebbe prevedere una sistemazione diversa per il pubblico e quindi sistemare delle "tribune" per chi vuole stare seduto quando ci sono concerti di questo tipo.
Ho avuto la percezione ieri che in questa città si sia perso il senso del concerto. Quello che ti fa stare due ore a cantare a squarciagola e che ti fa uscire da quel posto distrutto ma felice. Una sensazione che ho da molto tempo ormai, più o meno da quando il Palazzetto dello sport è caduto a pezzi e di concerti a Palermo non ce ne sono praticamente più. Concerti in piedi, lo ribadisco, perché è il nodo centrale. Questa città non considera più la fascia dei giovani, dei 20, 30,40 che vuole il concerto in piedi. Non si può pensare di portare a Palermo un artista del genere e credere che si possa stare seduti su una sedia e al massimo battere a tempo le mani.
Ma andiamo alla parte tecnica di questa mia breve analisi dal sapore sociologico. I termini del "contratto" sottoscritto tra me (e tutti quelli che hanno pagato profumatamente il biglietto) e l'organizzazione dell'evento, la Terzomillennio di Andrea Peria Giaconia , sono venuti meno e questo dovrebbe essere valutato da chi di competenza. Abbiamo pagato per il posto in piedi, libero e uguale per tutti. Invece abbiamo trovato delle sedie su cui doverci sedere altrimenti, se volevi stare in piedi eri cortesemente pregato di stare ai lati del palco e a dovuta distanza. E se il trovare le sedie, per qualcuno (famiglie, persone non più giovanissime e gente che nemmeno sapeva chi fosse James Morrison) è stata una bella sorpresa, per chi pensava di godere di un Concerto in stile "concerto da stadio" a tutti gli effetti, non lo è stata per niente. Non funziona così.
E poi c'è la nota stonata, quella più stonata di tutte. Se i posti sono in piedi (e come detto non lo erano invece) e quindi liberi,in quanto il biglietto era UNICO, per quale motivo le prime tre, forse quattro file, centrali ovviamente, erano RISERVATE a politici e amici dei politici (e non solo)? C'era il nome del presidente dell'Ars Francesco Cascio così come quello di altri suoi colleghi. In prima fila seduto c'era il presidente dell'Autorità portuale di Palermo Nino Bevilacqua con amici e compagna (pare). Posti a sedere dunque che non dovevano esistere già a monte in quanto il biglietto non lo prevedeva e peggio ancora riservati e nelle prime file centrali. Non era uno spettacolo al teatro con poltroncine che si riservano.
Ricapitolando: i fan, i giovani, hanno pagato 40 euro per un biglietto che prevedeva il posto unico in piedi e quindi libero, per stare invece seduti, lontani dal palco e dietro le "autorità" che per quel posto non hanno dovuto né faticare né presumibilmente pagare. Da sempre le autorità non pagano, hanno l'accredito e questa è storia nota. Magari giusto questa volta avevano pagato? Di certo non per avere la poltrona riservata in prima fila. Ma per stare in piedi, come tutti noi.
C'è molto che non va in tutto questo. E ci sono delle regole (stabilite da un biglietto di ingresso) e che vanno rispettate e soprattutto sono uguali per tutti. Per avere chiarimento ho provato a contattare tutta la mattina l'organizzazione Terzomillennio al numero che appare sul sito internet, ma con un nulla di fatto.
Non sono riuscita a godermi il concerto come volevo ieri, anche se alla fine, sono arrivata alla tanto agognata transenna. Non ci sono riuscita perché ho osservato in modo giornalistico e "critico" la serata. Oltre che da terntenne. Ho osservato i giovani che non sapevano cosa fare, seduti per terra ai lati del palco, che fremevano per andare sotto. Si guardavano l'un con l'altro con la rassegnazione di dover vedere il loro idolo (perché Morrison è giovane ma ha un seguito incredibile) in quel modo distaccato. Ho notato i "gorilla" dello staff che avevano disposizioni ben precise di non far passare e soprattutto di non far mettere nessuno davanti alle poltrone riservate.
Dopo la prima ora (più di metà concerto) il fuoco dei giovani ha avuto la meglio. Alle prime note di I Won't Let You Go che da mesi invade le radio, ecco tutti sotto al palco con buona pace di chi era seduto in prima fila e più di una volta ha chiesto agli uomini della sicurezza di liberare la visuale. Tutti a cantare le canzoni di queste eccezionale 26enne con alle spalle già 5 milioni di dischi venduti. Il suo ultimo album è "Awakening", e via con In my Dream, One life, Slave to the music, Songs for You, Truths for Me, passando per l'album del suo debutto Undiscovered e alle "vecchie" You Make It Real, Wonderful World e uno dei suoi primi successi You give me something.
Infine, ma non meno importante, una piacevole nota, quella che ha aperto il concerto di James Morrison, (dopo aver aperto già quello di Ben Harper a Taormina), ovvero l'opening act firmato da Fabrizio Cammarata, rivelazione della scena indie rock italiana, eccezionale cantautore palermitano che ha proposto alcuni dei suoi brani tratti anche dall'ultimo album Rooms . Timbro sospeso tra il blues e il soul tutto in chiave acustica, con pezzi come Myram, Llorona, Alone and Alive che colpiscono e hanno colpito anche chi non lo conosceva. Fabrizio Cammarata non ha nulla da invidiare a James Morrison se non il fatto di essere nato in una città che i talenti non li coltiva, non li aiuta a crescere. Fabrizio Cammarata, come tanti bravissimi musicisti palermitani, lavora infatti tanto ma all'estero. Che siamo certi comunque non gli dispiaccia...
Concludo rimarcando il fatto che la musica è per tutti e su questo non ci sono dubbi, ma in una città grande che vuole definirsi europea se non di più, vanno valutati generi musicali e conseguenti target di pubblico. Vanno "ascoltate", studiate tendenze e passioni dei giovani. Se questo non si fa, la musica diventa solo un fare cassa, e la cultura diventa per pochi. Il Concerto è altra roba.
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