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ISOLE PEDONALI: CHIUDERE AL TRAFFICO CREANDO PIÙ TRAFFICO?


Come ogni anno le isole pedonali, durante le festività natalizie, finiscono per suscitare parecchie critiche: alcune costruttive e ben argomentate, altre un po' meno convincenti, altre ancora funzionali alla polemica più becera e qualunquista. Proviamo, quindi, a operare una distinzione, nella maniera più obiettiva possibile, fra benefici e problemi causati dalle isole pedonali.

Partiamo da via Maqueda. Malgrado il risentimento dei commercianti, la chiusura al traffico di questa storica via, insieme a via Ruggero Settimo, richiama ormai da anni un gran numero di cittadini che, tra passeggiate di piacere e acquisti natalizi, affollano una strada altrimenti invasa dalle automobili.
Ecco perché sarebbe stato apprezzabile chiudere al traffico almeno un tratto del Cassaro, alternandolo con via Maqueda, piuttosto che chiudere via Roma (come previsto inizialmente dal Piano): scelta, quest’ultima, che ha provocato vere e proprie paralisi del traffico, con ripercussioni fino a viale Regione Siciliana. Tanto che a Palazzo delle Aquile, fortunatamente nel giro di pochi giorni, si sono accorti dell’assurdità della decisione e hanno cambiato subito rotta.
D’altronde via Roma, fin dalla sua nascita, è stata pensata per accogliere un ingente traffico veicolare sulla carreggiata centrale e un altrettanto grande flusso di pedoni sui due larghi marciapiedi ai lati. Ragion per cui renderla isola pedonale non ha sortito alcun effetto positivo: la gente continuava a camminare sui marciapiedi e la città, privata di un'arteria viaria fondamentale, si paralizzava per mezza giornata.

Complessivamente, l'idea di chiudere al traffico i principali assi viari del centro è senz'altro lodevole e rappresenta una prova tecnica di pedonalizzazione di tutto il centro storico. Il problema è che, continuando a fare le cose in maniera confusa e approssimativa, si coltiveranno più malumori che altro, finendo per far disaffezionare alle isole pedonali anche i cittadini favorevoli. Vediamo perché.

Un paio di anni fa, col circolo Sel Palermo Centro, abbiamo lanciato una campagna sul traffico con lo scopo di proporre ai cittadini un nuovo modo di concepire il tessuto urbano, avvalendoci dei numerosi esempi reperibili in Europa.
Il tutto affiancato da un'inchiesta sul territorio per capire quanti fossero effettivamente i cittadini favorevoli alla pedonalizzazione del centro storico e quali fossero i loro consigli e le loro critiche a riguardo.

Ebbene, il primo approccio era sempre negativo: "Siete pazzi? Così si ferma una città!". A quel punto spiegavamo la nostra idea di pedonalizzazione. Una vera e propria rivoluzione (concedetemelo, malgrado l'abuso del termine negli ultimi tempi) che prevedeva un investimento sulle infrastrutture e sui sistemi di mobilità urbana dentro e fuori l'area pedonale, un biglietto integrato per tutti i mezzi pubblici, parcheggi a prezzi popolari all'entrata della città e una serie di interventi strutturali senza i quali le isole pedonali sarebbero inconcepibili, a Palermo come in qualsiasi altra città. Ed ecco che l'atteggiamento cambiava: "Ah, certo, così già avrebbe più senso".


Veniamo quindi al nocciolo della questione. È chiaro che la semplice chiusura di via Maqueda, per un periodo di tempo limitato, non giustifica una rivoluzione nella viabilità di tutta la città di Palermo. Ma proporzionalmente a questa breve chiusura si potrebbero tentare dei timidi approcci verso una diversa fruizione dell'intera area metropolitana, e non del solo centro storico. Dico questo perché, se un cittadino di Vergine Maria o di Acqua dei Corsari deve impiegare un'ora e mezza per arrivare in centro, trovare un parcheggio e raggiungere l'isola pedonale (nemmeno a Los Angeles), allora vuol dire che la chiusura al traffico è stata pensata come un'iniziativa fine a se stessa e non legata all’impatto sull'intero territorio cittadino.

Per farla breve, il problema è semplicissimo, anche se in molti fanno finta di non comprenderlo:

- Le isole pedonali non hanno senso se finiscono per intasare completamente il traffico cittadino;

- perché non intasino il traffico c'è bisogno che i palermitani lascino l’automobile a casa;

- perché i palermitani lascino l’automobile a casa c'è bisogno di un sistema di trasporto pubblico conveniente in termini di tempo, denaro e stress.

Cosa voglio dire? Se da Borgo Nuovo posso raggiungere piazza Politeama in quindici minuti spendendo un euro, forse comincerò a valutare la possibilità di lasciare l’automobile a casa. Se da pendolare posso lasciare l'auto a piazzale Giotto o al parcheggio di via degli Emiri pagando un euro e posso raggiungere il centro in pochi minuti pagando un altro euro, magari questi due euro li spendo a cuor leggero, piuttosto che impantanarmi nel traffico odioso del centro di Palermo, a causa del quale è possibile rimanere bloccati per ore.
È bene tenere a mente che in città come Roma o Milano funziona così, senza bisogno di andare a cercare esempi oltralpe.

So benissimo che, per effettuare un intervento radicale sulla mobilità urbana, occorre un'ingente quantità di denaro, che le casse del Comune versano in condizioni disastrose e che un intervento del genere a Palermo sarebbe parecchio delicato. Malgrado ciò continuo a pensare che si tratti di uno dei temi prioritari, forse il primo in assoluto, per migliorare la qualità della vita e rendere Palermo più bella per chi ci vive e per chi viene a visitarla.

Mettendo le mani avanti, ai disfattisti ricordo che tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, durante quella che viene ricordata come la "Primavera di Palermo", abbiamo assistito a una rivalutazione del centro storico che fino a pochi anni prima sarebbe stata impensabile. Zone considerate alla stregua di una favela, prive persino di illuminazione pubblica, nel giro di pochi anni sono state rivalutate e sono diventate il centro della vita cittadina.
Questo esempio ci dimostra che, quando ci sono i finanziamenti, la volontà da parte di un'amministrazione e, soprattutto, una buona risposta da parte dei cittadini, è possibile effettuare dei cambiamenti strutturali anche in una città difficile come Palermo.

Mi auguro che gli Assessori Giuffrè, Barbera e Bazzi colgano il senso di questa riflessione, volutamente costruttiva, e abbiano voglia di confrontarsi su un tema particolarmente sentito dall’intera cittadinanza.

 

SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA' Fabrizio Arena Coordinatore Circolo Palermo Prima Circoscrizione