Il nome di Giuseppe Gullotta torna a farsi sentire dopo una triste vicenda di cronaca nera che puzza di stantìo. Lo stesso puzzo della galera, quella vera, non certo quelle dorate in cui certi politici scoprono la durezza delle carceri. I giudici della corte d'appello di Reggio Calabria si sono limitati a fare il loro dovere, ovvero accertare come Giuseppe Gulotta, dalle prove ottenute, non può essere incriminato per la strage di Alcamo Marina, avvenuta nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1976.
Una vicenda sporca, anche questa puzzolente, fatta di polvere da sparo e sangue della lotta estrema tra "i neri" ed i "rossi", dove le indagini iniziali condotte dall'allora capitano dei Carabinieri Giuseppe Russo. Giuseppe Russo venne ucciso, ufficialmente, dalla mafia e l'indagine passò di mano. Una vicenda che puzza della corda che l'unico reo confesso, Giuseppe Vesco, si legò al collo per suicidarsi. Nonostante avesse una mano sola. Una storia, che puzza delle calde lacrime che GIuseppe Gullotta ha versato ieri, dopo la decisione che dopo 21 anni affermava come lui fosse estraneo alla vicenda, felice di aver riconosciuta la propria dignità di fronte a tutti.
La storia di Giuseppe Gullotta puzza come la carne di un agnello sacrificale immolato sull'altare dei poteri forti che non potevano liberamente parlare di una strage all'interno della caserma dei carabinieri, dove nella notte, con la fiamma ossidrica, una postazione della Repubblica italiana fu forzata e i due militi di guardia furono crivellati di colpi mentre dormivano. Giuseppe Gullotta oggi ha 55 anni, era un uomo maturo che a 34 anni è stato strappato alla sua vita per coprire una verità più grande di lui. A noi non interessa rincorrere questa verità, il compito spetta alla magistratura.
A noi spetta soltanto toglierci questo puzzo insopportabile d'addosso, il puzzo di marcio che ha ricoperto GIuseppe Gullotta e quello di chi da anni ha permesso che i veri responsabili di un grave omicidio godessero della propria vita, indisturbati ed impuniti.