Una condanna senza possibilità d'appello quella pronunciata da Papa Francesco in Calabria nei confronti degli appartenenti alla 'ndrangheta, condanna ovviamente estesa agli appartenenti a qualsiasi associazione di stampo mafioso: scomunica! Gli uomini della 'ndrangheta – dice - "non sono in comunione con Dio, sono scomunicati". Questa frase non era contenuta nel testo ufficiale del suo discorso, già abbastanza duro, pronunciato l'altro giorno durante la messa a Sibari, una frazione di Cassano, in provincia di Cosenza, dinanzi a circa 200.000 fedeli. Scomunica vuol dire estromissione dalla comunità ecclesiale, dal dono dei sacramenti, fino a quando non interviene il pentimento sincero, il taglio netto e definitivo con la condotta che ha determinato la grave sanzione. Una sorta di scomunica "latae sentenziae", per usare un'espressione canonica, quella di Sibari, che non necessita, cioè, di una specifica dichiarazione dell'Autorità ecclesiastica ma legata al solo fatto di avere commesso un determinato peccato ritenuto grave dalla Chiesa. Sono passati 21 anni dall'anatema di Giovanni Paolo II scandito ad alta voce nella Valle dei Templi: "...lo dico ai responsabili (i mafiosi n.d.a.), convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!...". E sono passati 21 anni da quella tragica sera in cui fu ucciso il mite padre Pino Puglisi, oggi beato senza che sia stata necessaria la prova di un miracolo perché ucciso dalla mafia in odium fidei, in odio della fede, quindi martire. Sono stati troppi i decenni, i secoli, in cui la Chiesa, nel peggiore dei casi ha peccato di esplicite connivenze con i mafiosi o, nel migliore, di colpevole silenzio nei riguardi di un costante sacrilegio perpetrato di fatto dai boss mafiosi, giunti al punto di servirsi della fede cristiana, cattolica, e dei suoi simboli, per fare proseliti e mantenere intatto il proprio potere tra la gente. Sconcertanti i filmati delle forze dell'ordine, a documentazione di arresti di importanti latitanti, in cui possiamo scorgere, nei covi dei padrini, piccole chiese allestite con tanto di tabernacolo e immagini sacre. Cappelle in cui si sono recati sedicenti sacerdoti e frati a celebrare i sacri riti a favore di chi, ostinato impenitente, si era macchiato di orrendi delitti. Come dimenticare i famosi "pizzini" di Bernardo Provenzano in cui la parola Dio era posta a inizio e a fine di quasi ogni messaggio. Ora non è più possibile nascondersi dietro l'equivoco, né per il mafioso, né per i suoi complici e nemmeno per il comune cittadino, politico, imprenditore, professionista, intellettuale o analfabeta, che all'ombra della cupola sanguinaria ha consumato affari e ricevuto favori. La mafia è un'organizzazione criminale dedita al male, agli omicidi, alle stragi, alla sopraffazione dell'uomo sull'uomo, per il denaro, per il potere malvagio. E dove c'è il male non può esserci Dio, dove c'è mafia non può esserci Dio, c'è solo l'inferno. L'ha detto il Papa.
Pippo Russo