Tra le conseguenza di questo comportamento ci sarebbe anche la mancata cattura di Matteo Messina Denaro.
Mentre il Gip di Caltanissetta ha archiviato l'indagine nei suoi confronti per violazione del segreto istruttorio, secondo il Csm, il procuratore capo della procura di Palermo, "Ha disatteso le prescrizioni del suo stesso progetto organizzativo, non provvedendo a favorire quella circolazione delle informazioni che, con particolare riferimento alle indagini di Dda, è strumento indispensabile per raggiungere risultati significativi".
Dalle audizioni svolte al Csm e' emerso che "le notizie relative a importanti indagini gestite da alcuni procuratori aggiunti venissero apprese dai loro stessi colleghi dai giornali e non invece conosciute nel corso delle riunioni che avrebbero dovuto essere tenute periodicamente". In particolare, nel corso delle audizioni è stato detto che le riunioni sul procedimento Stato-Mafia "erano state due in sei mesi, quando se ne sarebbero dovute disporre una ogni quindici giorni" e che "l'aggiunto Ingroia e il sostituto Di Matteo non gradivano dette riunioni".
A Messineo, poi, il Csm 'contesta' anche il "mancato adempimento dei suoi doveri di vigilanza in relazione ai rapporti con la stampa di alcuni magistrati del suo ufficio". La prima commissione del Csm, quindi, ritiene che Messineo "non possa continuare a esercitare con piena indipendenza e imparzialita' le funzioni di procuratore della Repubblica di Palermo", poiche' questi requisiti "non attengono soltanto alle funzioni strettamente giudiziarie", ma anche alla capacità del capo della procura di "gestire l'ufficio e le sue delicate dinamiche, senza alcun condizionamento oggettivo o soggettivo, interno o esterno".
E ''Conseguenza di questo difetto di coordinamento sarebbe stata la mancata cattura del latitante Matteo Messina Denaro'' scrive il Csm nell'atto di incolpazione, citando l'accusa del pm Leonardo Agueci.