Braccia incrociate oggi, per i medici della sanità pubblica. Un'agitazione che coinvolge tutte le regioni. Per quattro ore, all'inizio di ogni turno, i medici si asterranno dal lavoro garantendo solo le urgenze.
Parliamo di 115 mila medici e veterinari dipendenti del Servizio sanitario e 20 mila dirigenti sanitari, amministrativi, tecnici e professionali del sistema sanitario nazionale. In Sicilia, sono interessati circa 20 mila medici e i sindacati prevedono alta adesione.
Lo sciopero, si legge sul sito della Anaao "chiede la difesa del sistema sanitario, la stabilizzazione dei precari e l'occupazione dei giovani, una riforma della formazione medica pre e post laurea, una legge specifica sulla responsabilità professionale, il diritto a contratti e convenzioni ed il ripristino delle prerogative sindacali; un sistema di emergenza efficace e la progressione di carriera sottratta alla politica e ai tagli lineari".
Secondo le stime dei sindacati potrebbero saltare in tutta Italia circa 500 mila controlli specialistici e 30 mila interventi chirurgici. Ma sarà un lunedì nero anche per i produttori di carne: per lo stop dei veterinari si bloccherà anche la macellazione dei capi di bestiame, che riguarda ogni giorno migliaia di bovini, suini e ovini. Così come non ci saranno i consueti controlli per la sicurezza alimentare nei mercati ittici e in quelli ortofrutticoli.
"I medici - dice Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp-Cgil Medici - non sono più in grado di garantire le prestazioni sanitarie essenziali ai cittadini negli ospedali e nei servizi territoriali. Sempre di meno, con risorse ridotte all'osso e con il contratto bloccato da oltre 4 anni. In una fase di crisi la sanità è una garanzia di sussistenza per i cittadini, indebolire il welfare con tagli così pesanti significa spingerlo verso la privatizzazione. Chi può si cura a proprie spese rivolgendosi ai privati, chi non può vede ridursi drasticamente i livelli essenziali di assistenza. Lo abbiamo già detto, e lo ripetiamo: di tagli si può morire. Non è più una frase retorica ma un'amara costatazione".