Non posso nasconderlo, io come molti – non credo di calcolare male – non m’intendo affatto di economia, né riesco a capacitarmi delle spiegazioni che qualche volenteroso mi fornisce. Vado a naso, intuisco, cerco di leggere gli effetti delle manovre che non capisco ma su cui mi tengo informata, e so anche che la mia appartenenza politica fa gioco sulle opinioni che mi creo.
Quindi sono di parte, non lo nego. Detto ciò, sento che fidarsi delle azioni e decisioni del governo Monti sia la cosa giusta da farsi in questa contingenza, perché non credo conti molto collocarle a destra o a sinistra quanto verificare se servono a impedire che il paese vada in default. E a questi “professori” serissimi e schivati dal gossip, nessuno in buona fede può negare la solida preparazione che serve alla bisogna né può sconfessare gli intenti, ribaditi dal premier nelle occasioni televisive in cui è andato a spiegare senza usare “politichese” né ammiccamenti populisti, rivolti alla salvaguardia del bene di molti piuttosto che degli interessi di pochi. Che ciò tocchi interessi e privilegi radicati, che si possano scatenare proteste, che sia meglio cercare altre strade da percorrere, che si possa sbandare o addirittura sbagliare, come lo stesso Monti ha ammesso nell’intervista a Lucia Annunziata, è nell’ordine delle cose “politiche” e tocca all’opposizione vigilare affinché si limitino o si impediscano i danni che potrebbero derivare da manovre inique. Ma una cosa a me, cittadina moderatamente informata e di moderati pregiudizi, sta molto a cuore: che i miei interlocutori siano affidabili, per competenze, per serietà, per lealtà alle istituzioni, per onestà intellettuale. E che i sacrifici che chiedono di fare ai lavoratori, abbiano finalità buone per i medesimi e per i loro figli, come promettono, e che portino a risultati tangibili nel breve e medio termine.
E’ per questi convincimenti che non mi persuade una opposizione senza il beneficio della prova, quella che si concedeva a piene mani al cavaliere che si faceva le leggi per favorire se stesso e le proprie aziende – e che ora si rivolta all’idea che le concessioni televisive vadano vendute, e non regalate come aveva deliberato da patron di mediaset – e per il quale schiere di acritici supporter si spendevano in cori di «ma lasciatelo lavorare, provatelo, se poi sbaglia non lo votate». Si è visto come è andata a finire. La “sobrietà” poi, ci disturba molto se non abbiamo “cene eleganti” su cui ammiccare.