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Agenzia di Stampa Italpress
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Era un Uomo Libero, Libero Grassi

altUn uomo libero, perché aveva coraggio. Libero perché onesto. Libero perché ha avuto la forza di dire no alla mafia e di lottare per ciò che era suo, in una terra in cui, in quegli anni c'era chi legittimava il pagamento del pizzo.

Scrisse Libero Grassi al Corriere della Sera qualche giorno prima della sua morte "La decisione scandalosa del giudice istruttore di Catania, Luigi Russo (del 4 aprile 1991) che ha stabilito con una sentenza che non è reato pagare la "protezione" ai boss mafiosi, è sconvolgente. In questo modo infatti è stato legittimato con il verdetto dello Stato il pagamento delle tangenti. Così come la resa delle istituzioni e le collusioni. Proprio ora che qualcosa si stava muovendo per il verso giusto. Stabilire che in Sicilia non è reato pagare la mafia è ancora più scandaloso delle scarcerazioni dei boss. Ormai nessuno è più colpevole di niente. Anzi, la sentenza del giudice Russo suggerisce agli imprenditori un vero e proprio modello di comportamento; e cioè, pagate i mafiosi. E quelli che come me hanno invece cercato di ribellarsi?".

Quelli che come Libero Grassi hanno deciso di ribellarsi li hanno ammazzati. Quelli che come Libero Grassi sono stati ammazzati perché hanno deciso di ribellarsi, hanno aiutato un popolo ad alzare la testa.

Di strada da fare ancora ce n'è tanta purtroppo. Ma qualcosa si muove e testimonianza di questo è Ignazio Cutrò, l'imprenditore bivonese vessato dagli strozzini e dalla mafia per anni, che ha denunciato i suoi aguzzini  mandandoli  in galera e da pochi mesi  è tornato a lavorare.

Vi riproponiamo di seguito la lettera scritta da Libero Grassi e pubblicata sul Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991. Sette mesi prima di essere ucciso. Aveva 67 anni. Era il 29 agosto del 1991, erano le 7.45 di un giovedì mattina come tanti, in via Alfieri proprio davanti alla saracinesca della sua azienda tessile, la Sigma, venne colpito con cinque colpi di pistola alla testa. Per il suo omicidio la Corte d'Assise di Palermo, ha condannato all'ergastolo i capi della commissione di Cosa Nostra, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri, Carcere a vita anche per i fratelli Salvino e Francesco Madonia, ritenuti materialmente responsabili del delitto.

"Caro estortore

Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere... Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al 'Geometra Anzalone' e diremo no a tutti quelli come lui".

 

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