Elezioni in Sicilia. E' il momento di votare e partecipare. Non servono giri di parole, la situazione è sotto gli occhi di tutti, la crisi economica e sociale è profonda e per la prima volta tangibile dagli effetti concreti nella vita quotidiana di ognuno di noi.
Non servono retrospettive di pensiero quando si vedono chiudere centinaia di attività commerciali, migliaia di partita iva. Non servono ragionamenti davanti alla scomparsa del ceto medio e l'incremento esponenziale dei così detti nuovi poveri, cioè di tutte quelle migliaia di famiglie che non possono più reggere il proprio abituale tenore di vita. Non servono neanche luminari per comprendere come non esiste più la mediazione sociale, il ruolo datoriale e sindacale, insomma la politica e la propria fondamentale funzione sociale.
Ormai non servono più troppe cose, è questo non è mai un bene. Ma allora c'è da chiedersi cosa serve ora. Oggi, in cui il futuro è troppo lontano e urge un vivibile presente. Siamo in un momento, storicamente epocale, in cui il fondo è toccato e già da un po si “raschia il barile”.
Tra cinque giorni si andrà a votare e queste votazioni per tutti i siciliani saranno forse tra le più importanti degli ultimi trent'anni. L'unica cosa che serve è governare, un governo che non faccia dell'immobilismo strategico la via maestra. Si, proprio così, un governo capace di assumersi le proprie responsabilità, scelte anche dolorose e impopolari, fuori dalla dialettica politica, ma capaci di intervenire strutturalmente su una situazione che ormai è a un passo dal conflitto sociale. Non c'è più tempo, serve un atto di responsabilità da parte di tutti, e tra i primi da parte degli elettori. Non serve più la protesta, che la storia ci insegna essere un alibi per chi governa e una ghigliottina per chi scende nelle piazze.
Oggi bisogna fare un ragionamento, mai così serio e ponderato, perchè è del nostro futuro che si sta discutendo. A chi affideremo il governo della nostra regione dobbiamo chiedere solo e soltanto una cosa, di governarla, di fotografare la situazione attuale, di comprendere la disperazione della gente, di programmare e attuare una via di uscita. Ridare ossigeno alle famiglie e alle imprese, capire che il lavoro non è un diritto ma è molto di più, è vita. Non è tempo di non votare. Non andare a votare è la resa totale. È il momento di fare le scelte giuste, prima ma sopratutto dopo il voto. A coloro che il 28 ottobre si caricheranno del fardello e della responsabilità di governo, bisogna far sentire giorno per giorno la propria voce, ognuno nel suo ambito e secondo le proprie possibilità. Bisognerà ascoltare, capire, ma sopratutto partecipare. Bisogna comprendere che tutto ciò che fino ad oggi è stata la “cosa” di qualcun altro, è ora che torni ad essere lo strumento di ciascuno di noi. La politica, la pubblica amministrazione, i partiti, le associazioni di categoria e sindacali, l'informazione, non possono più essere lasciate alla gestione di pochi feudatari. Votare, scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni, è il primo passo per un buon governo, il punto di partenza non di arrivo. Alla scelta è il momento che segua la partecipazione. Non è il 28 ottobre il giorno del cambiamento, in cui con il voto sentiremo di scaricare tutte le nostre responsabilità, è dal giorno dopo che ognuno di noi dovrà assumersi la responsabilità del controllo e della partecipazione democratica.
U.P.