I due imputati, Massimo Ciancimino e l'amico Giuseppe Avara entrambi in aula, hanno preferito non commentare al momento la decisione del Gup di Palermo Daniela Cardamone: tre anni per il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo oltre a 20 mila euro di sanzione pecuniaria, per detenzione e cessione di esplosivo, e 2 anni (pena sospesa) per il secondo, oltre a 10 mila euro di multa per il reato di detenzione di esplosivo.
Le rispettive difese ricorreranno in appello: "Non condividiamo la sentenza – ha detto l'avvocato di Ciancimino – Roberto D'Agostino – continueremo a chiedere le attenuanti". Avevano chiesto l'assoluzione per entrambi gli imputati infatti perché "il fatto non costituisce reato" e il riconoscimento delle attenuanti. Secondo l'avvocato Francesca Russo "Non ci sono fini propri del reato nella detenzione dell'esplosivo", e ancora "Massimo Ciancimino non aveva libertà di scelta, ha agito dietro minaccia". Assieme all'esplosivo, ha infatti ribadito oggi la difesa, c'era una lettera di minacce e una fotografia del figlio. Motivo questo per il quale il figlio di Vito Ciancimino ha taciuto inizialmente sull'accaduto e avrebbe portato l'esplosivo a Palermo da Bologna cercando poi di farlo sparire.
L'accusa sostenuta dai pm Nino di Matteo e Paolo Guido hanno sempre rigettato qualunque attenuante.
Inoltre Ciancimino non ha mai voluto svelare il nome di chi lo avrebbe minacciato.
La vicenda nasce dall'arresto nell'aprile del 2011 di Ciancimino accusato di calunnia nei confronti dell'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro. Secondo le rivelazioni di Ciancimino jr fatte ai pm, il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, avrebbe ricevuto il tritolo da una persona che voleva spingerlo a non collaborare più con gli inquirenti all'indagine sulla trattativa tra Stato e mafia (per cui è in corso il processo a Palermo) e di averlo nascosto nel giardino della sua abitazione. Versione cambiata dopo che gli inquirenti scoprirono che il teste aveva trasportato l'esplosivo a Palermo da Bologna.
Il ruolo di Giuseppe Avara, sarebbe stato quello di essersi disfatto di parte dell'esplosivo consegnatogli da Ciancimino proprio al fine di farlo sparire. Esplosivo che non verrà mai rinvenuto. I pm, nella requisitoria, hanno riconosciuto il contributo investigativo dato da Ciancimino alle inchieste, ma hanno sottolineato come sulla vicenda del tritolo l'indagato sia stato reticente.
Adesso bisognerà attendere di leggere le motivazioni per capire il perché di questa decisione del Gup che conferma le richieste fatte dall'accusa la scorsa settimana. Richieste ritenute inaccettabili dalla difesa in quanto a loro detta, avrebbe agito in stato di necessità, a causa della minaccia ai suoi familiari, e dunque dietro una forte pressione psicologica.
Come la difesa ha evidenziato oggi leggendo in aula sentenze di altri processi, tre anni sono una pena molto alta per questo reato, dunque adesso c'è da capire cosa abbia portato il giudice a questa decisione.
Ciancimino ha dichiarato il falso? Ciancimino vuole nascondere qualcuno o qualcosa? Quell'esplosivo aveva altra finalità? O forse le discrepanze tra i racconti dei due imputati? Il mancato ritrovamento dell'esplosivo consegnato ad Avara? O ancora l'uomo x che avrebbe portato l'esplosivo ma di cui non vi è alcuna traccia nelle telecamere?
Sono tante le domande adesso e le motivazioni potranno dare chiarimenti e portare a nuovi ragionamenti. Ma soprattutto ci si chiede perché Ciancimino, proprio adesso, decida di non parlare e non faccia il nome di chi lo ha minacciato.
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