Lo definì "Caino", persona con problemi mentali, "caso umano". Il motivo di questi pesanti appellativi, fu il contenuto della lettera aperta, pubblicata il 27 settembre del 2010 da Salvatore Borsellino e indirizzata a Giuseppe Ayala dal titolo "Le domande che non avrei voluto fare". Cinque domande in merito alla sparizione dell'agenda rossa dalla valigetta del fratello, nei momenti successivi all'esplosione di via D'Amelio del 19 luglio 1992.
Salvatore Borsellino ha infatti sempre sostenuto che l'ex magistrato - che come per sua stessa ammissione fu tra i primi ad arrivare sul luogo della strage - prelevò la valigetta dall'auto e ha sempre cercato di avere chiarimenti in merito alle diverse versioni fornite da Ayala, proprio su quella giornata.
A quelle domande l'ex pm rispose con pesanti offese e dunque fu inevitabile la querela nei suoi confronti che si è conclusa con la sentenza di colpevolezza. Il Tribunale di Milano ha infatti condannato Ayala per diffamazione nei confronti di Salvatore Borsellino oltre che al pagamento di 2000 euro di multa più le spese processuali e al risarcimento di 15 mila euro nei confronti della famiglia Borsellino.
Di recente Ayala è stato ascoltato come teste nel processo Borsellino Quater .