Ormai è diventata una barzelletta, un braccio di ferro, insomma, un giochino al massacro. La vicenda delle zone blu a Palermo assume sempre più i contorni di un giallo degno di Agatha Christie.
Il Comune di Palermo, per mezzo di un'ordinanza del Sindaco, Diego Cammarata, anni or sono, ha tappezzato la città di strisce blu, ossia aree di sosta a pagamento a scadenza oraria.
Tutto ciò non sarebbe eccepibile, ove nelle stesse zone in cui sono state istituite ci fossero dei parcheggi liberi che garantissero un'equità di possibilità di sosta per gli automobilisti, ma i parcheggi non ci sono.
Lo stesso Comune di Palermo ha affidato la gestione delle zone blu a due aziende, AMAT e APCOA, le quali, a loro volta, hanno sguinzagliato per la città un esercito di ausiliari del traffico preposti al controllo.
Ma torniamo a monte del fiume. Da più di dieci anni la città di Palermo è sprovvista di un Piano Traffico, che sarebbe lo strumento urbanistico atto all'individuazione delle aree di libero parcheggio, di parcheggio a pagamento, delle zone a traffico limitato (ztl) e via dicendo.
Non avendo un Piano Traffico, Palermo non può avere le ztl, che da esso dovrebbero essere regolamentate ed aggiornate. In realtà le ztl sarebbero i contenitori naturali dei parcheggi a pagamento delimitati dalle strisce blu, ma anche questo argomento è interessato da un contenzioso tra l'interpretazione del Codice della Strada e la materia urbanistica. Per anni gli ausiliari hanno affisso i loro cedolini gialli sui nostri parabrezza, un incubo. Quanti di voi non ne hanno mai strappato uno? O accartocciato e buttato via? "Tanto poi arriva la notifica, ci si dice parlando con sé stessi". Infatti. Il problema però non si solleverebbe se tutto fosse legale, invece non lo è.
A Palermo, e per Palermo intendiamo le zone del centro e non quelle periferiche (specifichiamo per non dar adito ad equivoci) i liberi parcheggi non esistono. Se non esistono i liberi parcheggi, caro Sindaco, lei sa benissimo che le zone blu non possono essere nemmeno pensate. I cittadini, stanchi di stressarsi per trovare un posto, esausti da un traffico sempre crescente e vessati dal pensiero che i soldi non bastino mai, hanno deciso di provvedere diversamente.
C'è chi ha presentato ricorso al Giudice di Pace, e qui occorre una doverosa sottolineatura (ricordo che il Giudice di Pace è un Giudice a tutti gli effetti e non un rincoglionito andato in pensione e messo lì per sgravare il lavoro dei giudici ordinari), molto spesso più oneroso della stessa sanzione amministrativa, c'è chi ha preferito pagare, c'è chi ha promosso delle "class actions", c'è chi ha denunciato.
E' successo che nell'arco di quest'anno solare, e cioè a cavallo tra il 2010 ed il 2011, due diversi Giudici di Pace si siano pronunciati in merito alla vicenda, con sentenze che hanno condannato l'Amministrazione Comunale. Bene, una sentenza rappresenta un atto giuridico assoluto, ed anche nei casi in cui viene impugnata, viene presentato ricorso o altro, per legge ci si deve attenere a quello che dispone, almeno fino ad un secondo grado di giudizio. Non occorre essere giuristi per arrivarci.
Per il Comune di Palermo, però, queste sentenze è come se non esistessero. Nessuna ordinanza correttiva, nessuna nota alle aziende che hanno in appalto le zone blu e, soprattutto, silenzio assoluto. Però gli ausiliari continuano imperterriti a girare per la città ed affiggere i loro biglietti gialli. Allora abbiamo deciso di chiedere chi o cosa potesse fermare il perpetuarsi di quello che ora è a tutti gli effetti un abuso. Procura, Prefettura, Questura, Carabinieri, Finanza..... al momento è solo un rimbalzo di competenze, ore di vana attesa nella speranza di una risposta. Tutti a dire: "faccia una denuncia, un esposto". Ma allora ci chiediamo...ma loro non hanno occhi per vedere e orecchie per sentire? Non sono forse le autorità preposte al controllo, al rispetto delle leggi, all'ottemperanza delle sentenze?
Certamente non finisce qui. Attendiamo soluzioni che ci devono arrivare per diritto, quel diritto che ha ogni cittadino di alzare la voce davanti ad un abuso.