È la città che desidera ad ogni costo riappropriarsi della sua dimensione socioculturale attraverso uno spazio che negli anni Novanta è stato protagonista di fioritura in seno all'arte, nonostante fosse già caratterizzato da notevoli contraddizioni. Spazi monumentali oggi vittime di degrado e cattiva gestione. Ed allora il risveglio. Tre giorni, un programma fittissimo di incontri, dibattiti, assemblee, performance varie, il tutto coordinato dal comitato I Cantieri che vogliamo.
Palermo vuole ripartire e si alza forte in coro la voce della sua collettività, dove artisti, intellettuali, storici dell'arte, curatori, scrittori, attori, galleristi intervenuti da tutta Italia, semplici cittadini, chiedono alle autorità competenti che la battuta d'arresto volga al termine. I Cantieri che vogliamo si fanno portavoce della Palermo che vuole crescere ripartendo proprio da un luogo-simbolo. Senza frastuoni, ma attraverso la cultura ed il dialogo.
L'ultimo atto conclusivo di queste tre giornate è stato la stesura di un documento condiviso, per terminare poi, con la performance del collettivo Il Museo che vogliamo con la riproposizione davanti al padiglione del Museo d'Arte Contemporanea di "Mettiamoci le mani", un'azione simbolica per lasciare un'impronta con tutti coloro che sono stati coinvolti nei tre giorni. Nell'arco delle tre giornate si è anche assistito ad interventi creativi di musicisti di strada, attori, performer, artisti per viali dei Cantieri.
Lo spazio che un tempo ospitava le officine Ducrot, deve tornare a splendere e diventare un polo per iniziative culturali.
Palermo, lo desidera.