E' incredibile come, resistendo a ogni forma di revisione della spesa e di giusta indignazione popolare, l'Assemblea Regionale Siciliana rimanga un mondo a parte, con i suoi privilegi e le sue corsie preferenziali. E fa tanto più specie se consideriamo la grave crisi economica e finanziaria che attanaglia la nostra regione, con migliaia di lavoratori che ancora aspettano il loro magro stipendio, dopo una finanziaria scritta così male da costringere il Commissario dello Stato a impugnarla per la gran parte. Scopriamo che quasi la metà degli inquilini di Palazzo dei Normanni ha chiesto l'anticipazione del Tfr maturato fino all'entrata in vigore della legge sulla spending review (1 gennaio 2014). Cioè dopo solo un anno dall'inizio della legislatura e mentre migliaia di dipendenti pubblici, lo dichiarano i segretari del sindacato dei regionali Cobas/Codir, Marcello Minio e Dario Matranga, attendono da mesi e mesi, dopo una farraginosa procedura, un'anticipazione sul Tfr per spese sanitarie come prevede la normativa vigente, un'anticipazione che non sarà data mai, o quando la malattia avrà preso il sopravvento, viste le ristrettezze di bilancio. Non basta, si viene pure a scoprire che il tanto decantato taglio delle indennità dei parlamentari siciliani, dopo una lunga melina per tentare di non recepire il decreto Monti, che prevedeva una drastica riduzione dei compensi dei consiglieri regionali (in Sicilia deputati, sic!) per portarli a 11mila euro lordi, s'è rivelato un bluff perché limitato a qualche centinaio di euro aggiungendo, però, nel frattempo, incredibile, un'altra voce di più di mille euro a beneficio dei capigruppo. Siamo alla farsa! In realtà, non ho mai compreso perché i parlamentari, nazionali e regionali, debbano godere, dopo pochi anni, dei trattamenti tipici di chi lavora una vita: buonuscita e pensione con i soldi dei contribuenti. Una parte minima è a carico loro, vero, molto facile con le profumate buste paga, ma una parte è a carico delle Camere di appartenenza e dell'Ars. Rappresentare i cittadini nelle istituzioni è un lavoro? No, è un mandato e, appunto, ben remunerato, scandalosamente ben remunerato senza contare gli svariati benefit di cui questi signori dispongono che andrebbero tutti eliminati. Ma si sa, l'Ars è un mondo a parte.
Pippo Russo