Caro presidente Crocetta... è ora di dirci la Verità

 

La prova di forza di Crocetta, "non mi ingabbieranno, qui comando io"
Lei, caro Presidente, paventa certezze, e noi non la vogliamo mettere in imbarazzo, ma tutte queste vanterie, ostentazioni del giusto, questo perdurare e reiterare in una franchezza relegata solo alle parole, i suoi giudizi sprezzanti su di un sistema di cui Lei e tutti noi siamo artefici e figli, in realtà nascondono una profonda fragilità, un disaggio e un certo numero di menzogne, probabilmente le stesse che ognuno di noi conosce di se e che quotidianamente leggendole sui giornali metabolizza socchiudendo dimessamente gli occhi. Di quale rivoluzione stiamo parlando, di quale cambiamento. Quello della formazione regionale, la stessa che in campagna elettorale Lei voleva azzerare e che poi è stata rifinanziata per il 70%, dell'abolizione della tabella H, anch'essa praticamente riconfermata, misero prato in cui partiti e partitini foraggiano fondazioni e associazioni ad essi vicine e che gli garantiscono quel miserevole bacino di voti che in nessun altro modo riuscirebbero oggi a recuperare. Di una Legge finanziaria bocciata per l'80% dal Commissario dello Stato, come neanche un professore delle elementari fa con il mal capitato studente a cui viene messo sul capo il cappello con le orecchie d'asino. Un governo che ha fallito, perché oltre alle defezioni, a qualche settimana dalla nascita come Battiato e Zichichi, oggi deve essere ricomposto, rimpastato, cambiato. Possiamo questo chiamarlo termometro di successo? Lei parla di una "gabbia" ma non ne da un nome, non ne identifica la struttura, la stessa in cui sapeva che si sarebbe chiuso il giorno dopo della sua elezione, e in cui ci siamo chiusi tutti noi che abbiamo votato. La Sua maggioranza parlamentare è un balletto amatoriale, fatto da deputati e partiti che la tengono ostaggio, come Lei del resto preferisce tenere in ostaggio loro. Sono già 32 i parlamentari che dall'inizio della legislatura hanno cambiato "casacca" per tenersi e tenerla in piedi. Perchè caro presidente, il problema non è Lei ma il sistema, nel proprio complesso articolarsi di menzogne. I deputati non vogliono andare a casa rinunciando a tutto ciò che comporta essere un "onorevole" e Lei, di canto suo, non li vuole mandare via dimettendosi. Le vere rivoluzioni si fanno solo con due stati dell'animo: Gli occhi aperti e la Verità.
 

Oggi gli occhi di ognuno di noi sono pieni di incredulità davanti allo scempio che il potere sta operando sulle vite di ognuno di noi, su quella quotidianità che è diventata per molti semplice sopravvivenza. Una semplicità che mai come oggi è prova di coraggio. Noi, che non sapremo mai e mai avremo un'idea completa delle malefatte che il potere ha commesso e deve commettere per convincerci che solo così si può assicurare il benessere e lo sviluppo. Una classe politica intrisa di quella mostruosa e inconfessabile contraddizione del dovere perpetuare il male per garantire il bene. Una strategia precisa per generare terrore e paura, impoverire per rendere schiavi, per isolare quelle teste che provano ad alzare la cresta contro un sistema malato ma perfetto nel proprio cinismo. Una storia che ha sempre isolato tutti gli irriducibili amanti della verità, perché tutte bombe pronte ad esplodere. Tanti sono stati quelli che credevano che la verità è una cosa giusta, ma che hanno dovuto soccombere davanti a quei pochi altri, ben consapevoli, che in realtà la verità è la bomba peggiore. Perfino peggiore di di quelle che dal 1969 al 1984 hanno fatto tacere per sempre 286 uomini che impugnando proprio l'arma terribile della verità, via via ne hanno pagato la conseguenza finale del silenzio eterno. Le lapidi che rappresentano quel silenzio eterno hanno troppi nomi di magistrati e di uomini delle forze dell'ordine, e stranamente pochissime sono quelle che portano il nome di rappresentanti della politica. Mai quei tremendi anni si dovranno ripetere. Però proprio in quegli stessi anni è stata la politica a non reagire, ed è quel passato che ha generato questo presente.
 

Caro Presidente, nel rimpasto in giunta che Lei sente l'obbligo di fare, invece di ritornare alle elezioni, circolano nomi e possibili ingressi che fanno tremare i polsi che disonorano Lei e le speranze di una terra morente. Caro Presidente non si faccia chiudere in quella gabbia, che urla e paventa, perché li dentro non c'è solo Lei ma noi tutti. E se qualcuno prova a girare la chiave nel listello della serratura, si liberi e liberi tutti noi. Si dimetta e lasci al popolo siciliano l'ironica possibilità di costruirsene un'altra....

di Ugo Piazza