Si sarebbe trattato di legittima difesa e la morte sarebbe comunque attribuibile alle scarse cure mediche ricevute all'ospedale Policlinico di Palermo. Questa è la tesi sostenuta davanti alla seconda sezione della Corte di Assise di Palermo dagli avvocati dei tre imputati Pietro Ferrito, 55 anni e i due figli, Giampiero e Rosario di 29 e 21 anni, accusati di aver ucciso Giuseppe Alongi il pomeriggio di ferragosto del 2011, prima pestandolo a sangue e poi con due coltellate, una alla testa e una alla gola.
La tragedia, avvenuta in contrada Monaco, tra le case popolari di Bagheria, scaturì al culmine di una lite violenta esplosa per vecchi rancori tra le due famiglie, legate da una parentela acquisita a seguito del matrimonio della figlia e sorella degli imputati, Pierangela, con Giuseppe Alongi. Fu proprio la compagna della vittima a raccontare alla Polizia cosa fosse accaduto e che a scatenare il diverbio quel giorno fu l'abbaiare del cane di Alongi, contro uno dei Ferrito.
I pubblici ministeri Sergio Demontis e Renza Cescon hanno chiesto la condanna a trenta anni per ciascuno degli imputati.
Secondo il collegio difensivo composto da Rosalia Tutino, Giuliana Rodi e Luca Bonanno, Alongi all'inizio del litigio avrebbe rotto una bottiglia e cercato di colpire Rosario Ferrito e a quel punto sarebbero intervenuti gli altri familiari che per difenderlo, avrebbero quindi colpito Alongi.
La difesa però sostiene anche che il decesso non sia attribuibile alla ferita provocata dalla colluttazione con i Ferrito, il taglio infatti venne suturato al pronto soccorso di Bagheria, bensì alle inadeguate cure mediche prestate ad Alongi, dai sanitari del Policlinico di Palermo, cui Alongi si sarebbe rivolto in un secondo momento. I medici dell'ospedale palermitano avrebbero, secondo la difesa, sottovalutato la gravità delle ferite.
La sentenza è prevista entro la fine del mese.
© Riproduzione riservata
Leggi le altre news su: www.palermoreport.it